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Airbnb docet: 3 ingredienti di successo di cui l’hotel non può fare a meno

leggi l’articolo completo... [2]Confesso: ho prenotato un soggiorno a New York su Airbnb. L’ho fatto per curiosità, perché cercavo una valida alternativa agli hotel con prezzi da capogiro e perché avevo voglia di respirare come vivono gli abitanti della città. Non mi sono pentita.

Il 2014 è senz’altro stato l’anno di Airbnb e del suo successo dirompente, che non ha mancato di suscitare polemiche e preoccupazione tra gli albergatori di tutto il mondo. Ma più che una minaccia, Airbnb è ormai una realtà destinata a restare: inutile guardarla dall’alto in basso, casomai meglio cercare di capirla e di prenderla ad esempio.


 

Airbnb: non siamo poi così diversi da un hotel

Non c’è da meravigliarsi se l’albergatore arriccia il naso al solo mettere a confronto gli alloggi di Airbnb con gli hotel. In fondo si tratta di case private date in affitto, niente di più.

Eppure gran parte del successo di Airbnb sta proprio nel fatto che fin da subito il management ha adottato un approccio “alberghiero”, cercando di formare al meglio i suoi “hosts” – ossia gli affittuari – con informazioni e contenuti di qualità per garantire agli ospiti la miglior esperienza di soggiorno possibile.

Lo stesso Responsabile Hospitality & Strategy del sito è Chip Conley, proprietario di ben 18 strutture di lusso nonché fondatore dei Joie de Vivre Hotels, famosa catena di boutique hotel americani: cosa che testimonia quanto Airbnb abbia a cuore l’aspetto “alberghiero” del suo servizio.

 

I nostri ospiti vogliono quello che vogliono tutti i viaggiatori

Apparentemente uno come Conley, con il suo background spiccatamente luxury, ha poco a che vedere con un’azienda come Airbnb, che nell’immaginario comune è sempre stato associata ai soggiorni a basso costo.

Nella realtà le cose stanno diversamente perché oggi gli alloggi offerti e la base di clienti Airbnb sono i più disparati: si va dalle camere con bagno in comune per universitari alle enormi ville californiane da mille dollari a notte per i gruppi di amici danarosi. Insomma, non sono più solo gli spiantati a cercare su Airbnb, ma anche i viaggiatori con capacità di spesa medio-alta con alte aspettative.

Airbnb ha raggiunto un tale successo che oggi persino gli hotel mettono in vendita le loro suite su questo canale. Un esempio? A New York il St Regis [3], una delle più antiche strutture della città, ha messo in vendita qui il suo appartamento superlusso.

In pratica, i viaggiatori che scelgono Airbnb hanno gli stessi desideri di coloro che frequentano i boutique hotel, spiega Chip Conley in una bella intervista [4] rilasciata a Skift durante il Global Forum 2014.

Ci sono 3 cose che accomunano il mondo degli hotel boutique e quello di Airbnb” e che ieri come oggi continuano ad essere il focus della piattaforma e i suoi principali motivi di successo.

  1. Gli ospiti vogliono vivere come gente del posto

Oggi le esperienze di viaggio più difficili da provare sono quelle “da locali”. Quelle senza macchina fotografica, nelle strade lontane dal centro, nei ristoranti e nei negozi frequentati dalla gente del posto. Ma sentirsi un local e mischiarsi ai residenti sembra quasi un miraggio quando si soggiorna in un hotel standard. “Difficile trovare i locali nel ristorante della Marriott – dice Conley – non lo è invece trovarli nel ristorante dei boutique hotel,” che nelle grandi città internazionali diventano punto di riferimento e di ritrovo anche per la comunità locale oltre che per i viaggiatori.

  1. Gli ospiti vanno a caccia di un punto di vista diverso

Certo è semplice offrire un punto di vista diverso e inimitabile in una casa privata. Lì dentro ci sono tutta la vita, la storia e le preferenze di una persona. Cosa che difficilmente può avvenire in una hotel di catena. La fortuna delle strutture italiane è che per lo più sono indipendenti, dunque è duro trovare qualcosa di davvero standardizzato da noi.

  1. Gli ospiti non vogliono più essere sconosciuti ma amici

Airbnb ha abolito in toto il concetto di formalità e invita i suoi host a creare un legame, a fare amicizia con i propri ospiti fino magari ad invitarli fuori per una birra o per un giro della città. Ovvio che l’hotel non può spingersi così lontano, specie se di alta categoria, ma, come spiega Conley, anche in un boutique hotel il rapporto dello staff con l’ospite è fondamentale. Abbattere le formalità per aprirsi al dialogo, per creare un contatto personale darà un tocco tutto diverso al soggiorno.

Se questi punti vi suonano famigliari non mi stupisco: in fondo sono  gli stessi che risultano tra i preferiti dai viaggiatori nei tanti sondaggi degli ultimi mesi. Dare agli ospiti la possibilità di vivere esperienze autenticamente locali, accoglierli in uno spazio unico e inimitabile e stabilire quel dialogo che di solito è alla base della personalizzazione del servizio, sono i must che ogni hotel dovrebbe seguire in questo 2015.

Se questi sono i motivi che hanno decretato il successo di appartamenti privati e proprietari senza alcuna esperienza alberghiera, l’albergatore può e deve dimostrare di saper fare lo stesso (e magari meglio).