Airbnb per Hotel: conviene davvero?

leggi l’articolo completo... Abbiamo già parlato del nuovo servizio di Airbnb pensato per gli hotel, ma non ci siamo ancora soffermati su quanto la notizia possa scuotere la distribuzione online fin dalle sue fondamenta.

E non soltanto per le basse commissioni: Airbnb ha intenzione di distribuire l’inventario dell’hotel in un modo unico, offrendo un modello che mischia l’approccio delle agenzie a quello dei grossisti.

 

Come funziona Airbnb per gli hotel?

 

Airbnb offre un comodo riassunto in questo documento ufficiale, ma dobbiamo integrarlo analizzando una ricerca di disponibilità di una camera sul portale per farci un’idea più chiara.

Come un’agenzia, anche Airbnb richiede una commissione all’hotel decisamente vantaggiosa, pari nel suo caso al 3% per le tariffe flessibili e del 5% sulle camere vendute con termini di cancellazione rigidi. Le commissioni sono calcolate al netto dell’IVA, al contrario delle OTA che lavorano sempre sul lordo.

La tariffa è mostrata al cliente esattamente come è trasmessa dall’hotel, senza nessun offuscamento da parte di Airbnb.

Se fosse un modello agency puro, la convenienza di Airbnb sarebbe tale da far impallidire l’offerta della concorrenza… ma non lo è. Come detto in apertura, il modello è un ibrido con caratteristiche tutte sue.

Venendo dalla sharing economy, il cliente finale paga prima Airbnb e solo in seconda battuta Airbnb paga l’hotel. Non solo, alla tariffa a notte viene aggiunto un “Costo di servizio” che va dal 5% al 15% e finisce nelle tasche del portale, con l’hotel che non ha alcun potere sulla percentuale prevista né vede un centesimo di questa cifra.

La cosa che rende interessante questo approccio ibrido è la trasparenza di Airbnb verso il cliente finale; l’utente sa bene che sta pagando due entità separate: l’hotel e Airbnb.

Tendendo in considerazione i costi di servizio, mantenere una coerenza tariffaria su tutti i canali compreso Airbnb diventa un caso più complesso da valutare.

 

Quale tariffa usare su Airbnb?

 

Se non si vuole offire un servizio poco appetibile su Airbnb, è importante non trasmettere gli stessi prezzi rispetto agli altri canali, altrimenti con i costi di servizio Airbnb andrebbe fuori prezzo.

Se si considerano i Costi di Servizio e le basse commissioni al netto di Airbnb, le tariffe dovrebbero essere ridotte di una percentuale pari al service fee.

L’unico problema che il modello Airbnb pone nel mantenimento di una coerenza tariffaria è l’aleatorietà dei Costi di Servizio il cui calcolo in percentuale sulla tariffa non è spiegato né pare essere prevedibile.

 

Conviene più vendere sulle OTA o su Airbnb?

 

Una distribuzione sana non può prescindere da una presenza capillare su tutti i canali, specialmente quelli con una copertura globale come Booking ed Expedia, ma è interessante farsi un’idea di quale piattaforma di distribuzione porti entrate nette superiori.

Un semplice modello fatto da Mirai mostra come le entrate nette per gli hotel con una tariffa tipo di 100 € vedano Airbnb in vantaggio sulle altre OTA, ma banalmente dietro alle prenotazioni dirette.

Oltre a questo, è importante ricordare come Airbnb non applichi per ora sconti lineari sulle tariffe con piani come Genius o i pacchetti volo-hotel, di fatto proteggendo la struttura dall’erosione del proprio ADR e un controllo reale e costante delle proprie tariffe. Una tariffa più bassa su Airbnb potrebbe nel lungo termine portare comunque un netto all’hotel più alto.

 

Conclusione

 

Airbnb, da “nemico” degli hotel, potrebbe diventare alleato dell’hotellerie verso una riduzione dei costi di distribuzione e un costo dei servizi terzi a carico dell’utente finale e non dell’hotel.

Dietro le tante novità del 2018, forse è proprio il colosso dell’home sharing a diventare la vera “disruption” del settore travel.