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Airbnb – Salta la stretta sugli affitti brevi

leggi l’articolo completo... [2]Sono passati almeno due anni da quando le maggiori città europee hanno richiesto una regolamentazione sugli affitti brevi. Anche l’Italia aveva interpellato la Corte di Giustizia Europea, sollecitando un riscontro sulla cosiddetta “legge Airbnb”.

Questa normativa prevede che gli intermediari degli affitti brevi comunichino i dati dei locatori e applichino una ritenuta del 21%, assicurando entrate costanti all’Erario e combattendo quindi l’evasione fiscale. Ed è proprio questa legge che Airbnb ha contestato, facendo ricorso. Commentiamo insieme gli ultimi sviluppi a riguardo.

 

La protesta di Federalberghi

 

Quanto tempo ci vorrà prima di avere una risposta e una disciplina in questo campo? È stata davvero dura la reazione di Federalberghi di circa un anno fa, che ha definito una “commedia” quella portata avanti da Airbnb e “un Far West” quello che avviene nel settore delle locazioni brevi.

Il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca ha messo in evidenza la delusione e l’irritazione derivate dall’ assistere troppo a lungo all’esibizione dei colossi del web, che realizzano grandi incassi, facendo concorrenza agli alberghi e permettendosi anche di non pagare quando dovuto al fisco italiano. Ma qual è la situazione ad oggi?

 

L’emendamento previsto in Italia

 

È di fine Dicembre 2019 la decisione del tribunale dell’UE che stabilisce che Airbnb è un servizio di intermediazione. Secondo l’Unione Europea, deve essere quindi classificato come un servizio informatico che consente agli host di connettersi con persone in cerca di alloggio e non un come broker. Di conseguenza non sarà tenuto ad affrontare gli stessi obblighi contabili, assicurativi e finanziari dei fornitori tradizionali di immobili.

Nonostante ciò, il governo italiano ha comunque provato recentemente ad inserire un emendamento al decreto Milleproroghe, per realizzare almeno una “stretta sugli affitti brevi”. In particolare, questa variante prevedeva la possibilità da parte dei Comuni di creare un determinato numero di licenze, limitate anche in termini di durata di locazione.

 

Il ritiro della proposta

 

Come è andata a finire? È stato di fatto un altro tentativo non andato a buon fine. La proposta è stata ritirata pochi giorni fa. I motivi? Opposizione interna alla maggioranza. La politica si trova sicuramente di fronte ad una situazione complessa e delicata.

In questo periodo di crisi demografica ed economica, ogni cambiamento potrebbe avere serie ripercussioni e risvolti non attesi. Siamo in una situazione in cui da una parte si rileva un grande patrimonio immobiliare poco utilizzato, e dall’altra ci sono proprietari di appartamenti e proprietari di alberghi con interessi contrastanti.

 

CondHotel un buon compromesso?

 

Una fonte autorevole come Il Sole 24 ore [3] mette in evidenza una possibile soluzione a questa annosa questione. Propone l’idea di un noto albergatore veronese, Sergio Cucini, che pensa ai CondHotel [4] (CondominiHotel) come un’opportunità sia per le strutture alberghiere che per i privati.  Perché?

Gli albergatori possono presentarsi agli host di Airbnb (cioè ai proprietari privati di immobili) come gestori esperti delle loro strutture. Non solo. Gli Hotel potranno ampliare la loro offerta senza investimenti elevati, proponendosi ad un segmento di clientela diverso.

Per i proprietari invece, il vantaggio sarebbe quello di avere la tranquillità che l’appartamento sia gestito da professionisti dell’ospitalità, senza preoccuparsi più della gestione e della promozione.

 

E voi cosa ne pensate? Fatecelo sapere nei commenti all’articolo. Vi terremo aggiornati sugli sviluppi!