Anche l’Austria propone una legge per abolire l’obbligo di rate parity nei contratti tra OTA e hotel

Le clausole di rate parity non hanno vita facile di questi tempi: anche in Austria il governo si sta battendo per toglierla di mezzo dai contratti tra portali turistici e alberghi.

Se anche l’Austria – magari insieme all’Italia – riuscisse nel suo intento, gli hotel di mezza Europa sarebbero fuori dalla morsa della rate parity e forse potrebbero concordare con i portali soluzioni più vantaggiose.

Come riporta la Reuters, martedì 19 luglio l’Austria “ha lanciato una nuova legge per impedire ai portali di viaggio di vietare agli hotel di vendere le loro camere a prezzi più bassi sui loro siti, come hanno già fatto la Francia e la Germania.”

Dopo una settimana di dibattito, il Vice Cancelliere e Ministro dell’Economia austriaco Reinhold Mitterlehner, ha dichiarato che il governo ha inviato al parlamento la proposta di fare un cambiamento alla legislatura attuale per impedire l’obbligo della rate parity. La decisione è rimandata a dopo l’estate.

Tutto questo per dare agli hotel austriaci un più ampio margine di manovra con i loro prezzi.

In realtà l’Austria è uno dei primissimi stati ad essersi mosso per fare qualcosa contro gli obblighi di parità tariffaria: l’Associazione degli albergatori austriaci (OHV) aveva avanzato le prime lamentele contro questo obbligo contrattuale nel 2012 presso la corte federale, ma senza ottenere risultati. Al tempo era HRS a fare da controparte, ma con gli anni la situazione è cambiata e oggi a monopolizzare il mercato austriaco dei portali è Booking.com. A gennaio dunque l’OHV era di nuovo pronta a farsi sotto. Evidentemente a questo giro il governo non è rimasto indifferente e ha raccolto l’invito a intervenire.

Al centro della bufera anche in questo caso c’è Booking.com, che ha difeso a spada tratta la parità tariffaria dichiarando che questa pratica è l’unica che garantisce trasparenza ai clienti: “Se tu volessi essere sicuro di trovare il prezzo più basso, saresti obbligato ad andare da una pagina all’altra per poter, alla fine dei giochi, compare solo una piccola parte delle possibili offerte.”

 

Abolire l’obbligo della parità tariffaria non basterà a disintermediare

Come abbiamo visto molte cose stanno cambiando a livello internazionale e la rate parity, che fino a ieri era un vincolo incontrovertibile, oggi sembra sull’orlo del declino. Un declino che metterebbe le OTA di fronte al fatto che le cose sono cambiante e che c’è necessità di trovare nuove forme di collaborazione con gli hotel che portino vantaggi a entrambe le parti.

Persino in America le grandi catene alberghiere, come Marriott, Hyatt e Hilton hanno lanciato campagne per incentivare alle prenotazioni dirette che, solo qualche anno fa, sarebbero state impensabili.

Certo è innegabile che i portali turistici in Europa abbiano ancora il coltello dalla parte del manico, perché la stragrande maggioranza degli hotel indipendenti, se perdesse visibilità su Expedia o Booking.com, avrebbe molta difficoltà a vendere tutto l’inventario in modo diretto.

Uno studio della HOTREC appena uscito dimostra che, su 2000 hotel intervistati in Europa, la dipendenza dalle OTA sta aumentando e che nel 2015 una notte su quattro proviene da un intermediario. Il livello medio di disintermediazione si aggira introno al 55%.

Il 60% del mercato lo detiene Booking.com, seguito da Epedia e HRS.

L’HOTREC sostiene che in questo stato di cose sia fondamentale che le condizioni di mercato divengano più corrette ed equilibrate, dando la possibilità agli hotel di stabilire le loro condizioni in modo libero.

Detto questo sarebbe pura utopia pensare che l’abolizione dell’obbligo di mantenere la rate parity sia la sola chiave di volta per disintermediare.

Se non c’è un cambiamento concreto nella mentalità, nella strategia distributiva e negli investimenti fatti dalle strutture per valorizzare al massimo il canale diretto, difficilmente i cambiamenti della rate parity produrranno gli effetti tanto sperati dagli albergatori.