[BTO 2017]: Instagram come alfabeto delle immagini

Instagram si è insediato nelle nostre vite, piano piano all’inizio, ormai come un canale di lettura della quotidianità. Soprattutto per i Millennials. Un’opportunità di business da non sottovalutare, anche nel settore travel.

Al BTO 2017 si discute del social media più utilizzato, contrapponendo diversi punti di vista, moderati da Marco de Mutuii, Digital Curator del Fotomuseum Winterthur.

Marco de Mutuii, aprendo il talk della seconda giornata di BTO, sottolinea la necessità di dare voce a persone provenienti da campi diversi riguardo l’utilizzo di Instagram. Perché diversissimi sono i modi di usarlo e infinite le tipologie di utenti presenti sul social.

Il primo a prendere la parola è Antonio Carloni, Direttore Esecutivo del Festival Cortona on the Movie. Carloni apprezza l’universalità che Instagram ha portato nel ondo della fotografia: il focus viene spostato dall’obiettivo del fotografo professionista a chiunque sia in possesso di uno smartphone. Una rivoluzione.

 

Due livelli di racconto

 

Il Festival di cui è direttore coniuga questi due aspetti nell’utilizzo di Instagram: da una parte dà voce ai fotografi partecipanti a Cortona on the Movie, dall’altra è un racconto della manifestazione al grande pubblico. Una doppia funzione di storytelling in un solo social.

Instagram si muove, secondo Carloni, su due livelli, espletando due funzioni: da una parte la promozione del festival, dall’altra si pone come contenitore di storie raccontate dai fotografi. L’elemento narrativo unisce entrambi gli aspetti.

Altra tendenza messa in luce da Carloni è la rivoluzione attuata a livello di apprendimento: prima avveniva dal testo, adesso si apprende per immagini. Da un racconto di tipo lineare, si è passati a un racconto puntuale, istantaneo.

 

La perdita del controllo curatoriale

 

Su un nuovo tipo di apprendimento per immagini, messo in moto da Instagram secondo Carloni, dissente Alessia Glaviano, senior photo editor per Vogue Italia. Creatrice di Photovogue sul sito vogue.it, rimarca più volte la differenza tra il suo progetto e Instagram.

Photovogue, a differenza di contenitori di foto come Flickr, conserva l’essenza della rivista e del mondo Vogue: un brand che rappresenta un way of life, che va oltre la oda e si apre a arte e cultura, lifestyle. A differenza di Instagram o siti aggregatori di foto, Photovogue mantiene un controllo curatoriale come pilastro incrollabile. Glaviano si dice sicura: “non siamo tutti fotografi, né tutti siamo in grado di riconoscere una buona foto. È necessario un controllo da parte di esperti, prima della pubblicazione online.”

Il contrario di ciò che professa la filosofia Instagram, dove chiunque può pubblicare le foto che desidera, per brutte o imperfette che siano – censure del social permettendo. Sul rapporto tra curatore e autore delle foto su Photovogue, Glaviano si esprime in termini di mentorship: quando il curatore carpisce una potenzialità dietro la foto, contribuisce, con la sua esperienza e conoscenza, alla crescita del fotografo.

 

Il punto di vista dell’insider

 

Sulla qualità dell’universo di foto pubblicate sui profili Instagram, Marco de Mutuii si confronta con Ilaria Barbotti, rappresentante della comunità Instagrammers Italia. Un’opinione da tenere in considerazione, sicuramente proveniente da una prospettiva opposta rispetto a quella della Glaviano.

Barbotti concorda su fatto che non tutte le foto pubblicate siano di buona qualità, né che like e condivisioni corrispondano ai pareri di esperti in materia. Su questo aspetto, racconta di doversi scontrare con le pretese delle aziende clienti, convinte che la quantità di followers di un profilo sia indice di qualità, quindi di ottime collaborazioni a livello business.

Questi indicatori ricoprono un valore fatuo: spesso i followers e i like si comprano, in ogni caso la qualità delle foto non è garantita da tali numeri. Altro fattore da considerare è il cambiamento continuo dell’algoritmo di Instagram: un certo profilo può, paradossalmente, risultare meno visibile quando ha più followers, ma meno like.

 

Fotografi versus Instagram?

 

In una tavola rotonda sul social delle foto per eccellenza, non poteva mancare il punto di vista di un fotografo professionista. Al BTO 2017 interviene Pietro Privitera, fotografo milanese di grande esperienza.

Il suo contributo risulta illuminante e perentorio: Instagram non gli interessa a livello lavorativo e artistico. Ha però sperimentato questo canale come innovativo linguaggio della fotografia e strumento di osservazione della realtà contemporanea.

Privitera trova affascinante come la simbiosi tra l’hardware – lo smartphone – e il software – Instagram – abbia prodotto una nuova concezione di immagine.

Nella sua sperimentazione, definita Wundergram perché una sorta di “camera delle meraviglie” (Wunderkammer) digitale, ha postato ogni giorno una foto scelta tra tante, creando una sorta di diario. Instagram, secondo il fotografo, permette una preziosa ricerca sulla memoria e sul tempo in questo senso.

Privitera, su tale concetto, condivide il punto di vista di Carloni: “Instagram ha dato una spinta importante all’alfabetizzazione delle immagini”. Un’alfabetizzazione che è iniziata con la fotografia tradizionale, ma è stata accelerata negli ultimi anni dalla diffusione di Instagram.

 

Le Conclusioni

 

Le conclusioni di questo panel a più voci sono applicabili anche dagli albergatori nel loro business.

È infatti indubbio la penetrazione di Instagram in modo sempre più capillare nelle nostre vite. Che si condivida o meno il merito di un’alfabetizzazione nuova, per immagini, è innegabile l’impatto di questo nuovo sguardo sul mondo.

Come sfruttare le opportunità fornite da questo potente social media, dipende dal proprio obiettivo di business.

Alcuni spunti per il settore hospitality su Instagram:

  • Fare attività di marketing territoriale
  • Storytelling del brand
  • Engagement del target
  • Vetrina per mostrare la propria attività e i servizi offerti dalla struttura