Come personalizzare l’esperienza di un ospite: i consigli di Doug Kennedy

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L’esperto di formazione in ambito hospitality Doug Kennedy, presidente della Kennedy Training Network, in un articolo rilasciato per Hotels News Now, fornisce alcune indicazioni utili agli albergatori sul tema della personalizzazione.

Secondo la sua esperienza, diverse strutture ricettive sperimentano l’enorme divario tra l’idea che si ha di personalizzazione e la sua effettiva applicabilità, stilando un elenco di cosa può essere considerato utile e cosa meno.

 

La black list dell’esperto

 

Secondo Doug Kennedy, il contrario della personalizzazione è la genericità della comunicazione e un approccio distaccato verso il vostro ospite.

Fermo restando che, in hotel con moltissime camere e uno staff numeroso, sarà difficile realizzare tutti i consigli di Kennedy, alcuni spunti per far sentire ogni ospite un po’ speciale non sono da sottovalutare. Come non lo sono i più comuni errori.

 

Tra questi, l’esperto sottolinea:

  • L’invio di un messaggio di testo generico che dice “Benvenuto in hotel. La stanza è di gradimento? “
  • L’utilizzo di un modello di email che elenchi “attrazioni locali”;
  • Una telefonata intrusiva mentre l’ospite è impegnato a disfare i bagagli, per chiedere “Come va la sua camera, signore?”
  • L’uso di dichiarazioni di benvenuto distaccate, con messaggi tipo “Grazie per la vostra fiducia”;
  • L’invio di messaggi automatici che utilizzino il nome dell’ospite in ogni frase;
  • La domanda “Cosa la porta in albergo oggi?” solo per sapere se l’ospite utilizzerà la spa interna (che apre dalle 9 alle 17) dopo aver saputo che sarà in albergo per un incontro di un’intera giornata;

 

Gli esempi di un approccio sbagliato sono moltissimi e variano a seconda dei casi, ma certamente messaggi ed e-mail di “Buon Compleanno” analoghi a quelli che l’ospite riceve dal proprio medico, dal dentista o dalla concessionaria auto, sono da evitare.

 

Alcune linee guida alla personalizzazione

 

Nella seconda parte dell’articolo, Doug Kennedy si concentra sulle best practice che, secondo la sua esperienza, possono soddisfare i requisiti di un’efficace personalizzazione in hotel.

Tra queste, elenchiamo alcune delle più interessanti:

  • inviare un messaggio personalizzato dallo stesso collega del front desk che ha effettuato il check-in dicendo “Salve signor Kennedy, sono John dalla reception. Le scrivo per sapere se il vostro soggiorno è iniziato bene …”;
  • fornire volontariamente informazioni pertinenti le abitudini dell’ospite. “Salve signor Kennedy, visto che parte alle 5 del mattino, se vuole possiamo offrirle una colazione nel bar della hall.”
  • dare il benvenuto in modo autentico, con tono caldo e un bel sorriso;
  • alla domanda “Come è stato il suo viaggio oggi?” ascoltare attentamente eventuali problemi riscontrati dall’ospite;
  • guardare negli occhi l’ospite che attraversa un corridoio, sorridendo e dicendo “Buongiorno!”
  • esternare un complimento sincero, senza modi affettati
  • consigliare in modo autentico ristoranti o attrazioni;
  • suggerire una scorciatoia migliore di quella indicata da Google Maps;
  • in caso di richiesta di un oggetto smarrito, rispondere “Sì, lo abbiamo trovato” o “Purtroppo non lo abbiamo localizzato” per dare un senso di chiusura;
  • offrire un deposito di oggetti personali difficili da trasportare, per gli ospiti che ritornano più volte al mese.

 

In ogni caso, le opinioni di Doug Kennedy riflettono la sua personale esperienza, specialmente nel contesto ricettivo americano, molto diverso da quello italiano.

Ma non dimenticate che alcune best practice da seguire sono comuni a tutto il settore dell’hospitality e che da più di venti anni gli articoli di formazione di Kennedy vengono pubblicati in tutto il mondo, rendendolo una delle autorità del settore.

Dunque un’attenta lettura non può che dare interessanti spunti a albergatori e professionisti dell’ospitalità.