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Content e social media: il travel marketing in era Covid

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L’epidemia scoppiata a marzo ha completamente capovolto i paradigmi del turismo mondiale. Tutto ciò che conoscevamo sui viaggi – i trend di mercato, le mete più gettonate [3], il potere d’acquisto, l’influenza delle generazioni nel customer journey – sembra non contare più.

Eppure quelle tendenze, o una parte di esse, restano rilevanti, sopite in attesa del ripristino di una realtà quanto più vicina possibile, per quanto non identica, a quella pre Covid.

Ecco perché, come vi avevamo consigliato [4], conviene comunicare costantemente con il proprio target, anche in tempo di crisi, mettendo in atto strategie di content marketing, advertising e aggiornamento puntuale del proprio sito web.

 

Marketing: staff e budget ridotti

 

All’aggravarsi della pandemia, quasi sicuramente siete stati costretti a chiudere il vostro hotel o a tenerlo aperto a regime ridotto, con un imponente calo dell’occupazione. Avrete fatto il possibile per far tornare i conti, riducendo il budget per attività ritenute accessorie, quali il marketing. Similmente, molti grandi brand del turismo hanno notevolmente tagliato le spese per la visibilità online, come riporta Phocuswire [5].

Una delle prime mosse per salvaguardare il fatturato – comunque in vertiginoso calo – è stata la sospensione delle campagne di advertising su metasearch e social media. Il software SimilarWeb ha analizzato le performance di alcuni giganti del travel, segnalando un andamento vicino allo zero per il traffico da canali a pagamento, come si può notare dal grafico.

Persino le due OTA più potenti – Expedia Group e Booking Holdings – hanno ridotto le spese di marketing nel secondo trimestre. Il gruppo Expedia ha speso solo 296 milioni di dollari in sales e marketing, rispetto a 1,6 miliardi nello stesso periodo del 2019, e Booking Holdings ha investito 211 milioni di dollari rispetto a 1,37 miliardi dell’anno precedente. Che anche i big player fossero stati indeboliti dal virus è parso palese, dati i recenti drastici tagli al personale [6] operati da Booking.com.

I minori flussi di denaro destinati all’advertising incidono in primis sul motore di ricerca per eccellenza, cioè Google, di gran lunga la piattaforma di annunci pay-per-click dominante. Da molti anni ormai si alzano voci di biasimo verso Big G, reo di egemonizzare gli spazi pubblicitari, di sviluppare strumenti sempre più tailor-made per i viaggiatori e, di recente, di non supportare gli inserzionisti in difficoltà [7]. Se da una parte questa supremazia fa storcere il naso a molti brand, dall’altra questi ultimi brand, vessati dalla diffusa fuga dei turisti nel 2020, necessitano comunque di visibilità online, dunque di Google. Un cane che si morde la coda, ma un cane di estrema rilevanza nel travel di oggi.

 

La rivincita del content marketing

 

Cessati o diminuiti gli investimenti in campagne PPC, i marketer di viaggio hanno dovuto volgere lo sguardo ad altre strategie, pena l’eclissamento dalla SERP. E qui entra in gioco il content marketing [8], ottima soluzione con significativi risvolti SEO, preziosa per veicolare traffico organico e svincolata da alti investimenti.

Skyscanner, ad esempio, ha iniziato a fornire molte informazioni utili ai viaggiatori, anticipandone le domande più frequenti. Nel blog aziendale [9] sono state inserite indicazioni sull’obbligo di dispositivi di protezione personale in volo, vincoli per entrare nei vari Paesi, necessità di visti, etc.

Chantal Thomas, direttore senior dello sviluppo del pubblico e SEO di Skyscanner, afferma che, anche in questo campo, Google si è rivelato strumento fondamentale per intercettare le preoccupazioni più diffuse e creare contenuti adatti. Google Trends [10], infatti, per ogni mercato di riferimento segnala i temi e le keywords più ricercate. È stato così possibile redigere testi rilevanti per gli utenti e ben posizionati in SERP: le chiavi di un content marketing che funziona.

Nonostante la considerevole riduzione del volume di traffico, Skyscanner è pertanto riuscita a sviluppare engagement attraverso strategie dirette e organiche, con contenuti utili sul sito web e i canali social.

Klook è un altro brand in ripresa sui suoi canali diretti e organici, pur mantenendo sotto controllo le spese, come spiega il vice presidente marketing di Klook per APAC, Marcus Yong. Anche in questo caso, il blog [11] appare la punta di diamante del graduale recovery.

Il blog di Klook viene consultato periodicamente da milioni di viaggiatori in tutto il mondo e detiene una buona credibilità nel settore. Anche nel periodo del lockdown, sono stati sviluppati articoli ad hoc, venendo incontro alle esigenze di intrattenimento e ispirazione su cose da fare senza uscire dalle proprie case.

Yong afferma che Klook sta sperimentando nuove tecniche come lo streaming live per coinvolgere i propri utenti, molti dei quali (75%) giovanissimi, con età compresa tra i 18 e i 25 anni.

Una mentalità diversificata e omnicanale appare oggi più necessaria che mai, per soddisfare al meglio le mutate richieste del viaggiatore post Covid. Una crisi che, tuttavia, rappresenta una necessità per evolversi, scavare nuove strade nel buio, rafforzarsi e ampliare i propri orizzonti per il futuro.

Il termine “crisi” del resto deriva dal greco krisis: crescita.