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Dall’hotel alla casa vacanza: cosa è cambiato nel mercato del turismo dopo Airbnb

leggi l’articolo completo... [2]Il successo di Airbnb ha superato tutti i pronostici possibili. Booking.com vende ogni giorno migliaia di alloggi privati. Expedia ha comprato HomeAway.

Cosa sta succedendo nel panorama del turismo internazionale? Qualcosa è cambiato. I viaggiatori sono cambiati e l’hotel non è più la sola opzione per chi dorme fuori casa.

Expedia ha acquisito HomeAway [3] perché aveva bisogno di riconquistare punti rispetto a Booking.com e Airbnb. Ma quello che è sfuggito a molti occhi attenti è che, anche per HomeAway, Expedia si prospettava forse come l’unica possibilità di riaffermarsi dopo l’avvento di Airbnb.

A pochi giorni da una delle operazioni commerciali più importanti degli ultimi anni nel settore, Douglas Quinby, Vicepresidente del settore Ricerca di PhoCusWright, ha pubblicato un’analisi che chiarisce bene la nascita di HomeAway e la sua attuale evoluzione. Un’analisi che lascia intuire come oggi siamo di fronte a un cambiamento decisivo nel panorama del turismo internazionale.

 

Nascita e crescita di HomeAway

HomeAway nasce nel 2005 ad Austin in Texas, acquistando alcuni dei più popolari siti di case vacanza del Paese. In pochi anni arriva a dominare i risultati organici dei motori di ricerca, portando scompiglio nel settore così ingessato degli agenti di case vacanza.

Dal momento che bastano solo alcune centinaia di dollari all’anno per ottenere visibilità e visite dal portale, i proprietari delle case iniziano ad allontanarsi dagli agenti immobiliari che al tempo gestivano gli affitti in toto, con commissioni anche del 30% sul venduto.

Nel 2008 HomeAway ha già guadagnato mezzo miliardo di dollari, espandendosi in Asia, Europa e America latina. L’azienda non vuole solo crescere, ma cambiare il mercato, rendendo l’affitto online delle case vacanza semplice e immediato, come lo era già l’acquisto delle camere di hotel.

 

Airbnb ruba il sogno di HomeAway

È proprio nel 2011, quando HomeAway è ormai padrone assoluto del settore, che l’evoluzione inizia a rallentare e cede il passo a una gestione molto più cauta, senza lasciare spazio ai cambiamenti e alle innovazioni.

Pur avendo in mente di farlo, HomeAway si dimostra lento su due fronti fondamentali: l’integrazione delle recensioni degli ospiti e la possibilità di prenotare online il soggiorno in una casa vacanza. Due must del turismo online, senza i quali gli utenti si sarebbero presto stancati di utilizzare il prodotto.

È così che tre ragazzi sbucati dal nulla a San Francisco aprono una startup (Airbnb) che non solo integra recensioni online e prenotazione online, ma che va persino oltre il concetto di casa vacanza. Adesso chiunque può mettere in affitto online, con poche spese e pochi problemi di gestione, una stanza o un’intera casa ai viaggiatori.

 

Non sottovalutate Booking.com

Quello che molti hanno sottovalutato è che sì, Airbnb è stato al centro del boom delle case vacanza online, ma che la minaccia maggiore per il settore è costituita da Booking.com [4], dove già da tempo è possibile prenotare alloggi privati direttamente, senza alcun contatto diretto con il proprietario (come invece è necessario su Airbnb nella maggior parte dei casi).

L’acquisizione di HomeAway da parte di Expedia, se per qualcuno è stata una sorpresa, in realtà non lo è affatto. Entrambe le aziende si trovano a dover affrontare una formidabile competizione, seppur in modi diversi, da parte di Booking.com e Airbnb. HomeAway ha bisogno di più forza in termini di volumi di traffico e di offerta. Expedia aveva bisogno invece di una strategia nel settore degli affitti brevi. Ha perso tempo laddove gli altri hanno capitalizzato sulla rapida ascesa degli alloggi privati e i rischi sono chiari: sempre più clienti che erano soliti prenotare sulle OTA, adesso si sono messi a cercare anche sui siti di affitto e i tassi di conversione dei portali sono calati.”

 

I soggiorni alternativi non sono più così alternative

Quello che è più importante capire, secondo Quinby, è che le forme di alloggio alternative ormai non lo sono più. Se una volta chi sceglieva questo tipo di soggiorno era un americano su dieci (2010), oggi è uno su quattro. Non sta accadendo solo in America, ma anche in Europa, e soprattutto non riguarda solo i clienti leisure.

Certo, le OTA possono fronteggiare tutto questo. Ma che cosa cambierà per gli hotel?