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TripAdvisor sì, TripAdvisor no: tutto il mondo ne parla

leggi l’articolo completo...Dopo The Independent [2], anche il quotidiano statunitense The New York Times volge lo sguardo su TripAdvisor e le sempre più chiassose accuse sollevate dagli albergatori di tutto il mondo contro il sito di recensioni, in seguito alla pubblicazione della Top 10 degli Hotel più sporchi in circolazione.

C’è da dire che, mentre in Inghilterra gli albergatori infuriati stanno cercando di “persuadere la Commissione dell’Unione Europea a esaminare le regole a cui sottostanno le recensioni del sito, per assicurare che siano pubblicate da clienti reali e non da competitor o da semplici persone in cattiva fede”, negli States la tanto discussa “lista nera” ha causato molta meno agitazione.

Comunque sia TripAdvisor non è passato inosservato neanche in America, tanto che il New York Times ha pensato bene di intervistare direttamente i suoi dirigenti.
 
 

Intervista a Stephen Kaufer, direttore generale di TripAdvisor

Kaufer è stato ben felice di rispondere alle critiche nate a causa delle liste degli hotel più sporchi:

Ci scommetto, se sei un hotel su quella lista, non è un buon segno per la tua attività. Abbiamo strutture che fanno pubblicità su TripAdvisor che ci telefonano dopo aver visto una delle loro proprietà sulla lista e ci dicono – Suvvia, ho investito i miei soldi nella vostra pubblicità e voi mettete l’hotel nella lista? – I ragazzi al commerciale rispondono che il team della redazione analizza tutte le recensioni, e che una brutta recensione non ti porta sulla lista. Ma quando l’hotel è chiaramente classificato come pessimo da molte persone che ne dicono cose terribili, beh, noi non ci tiriamo indietro!”.

Per favore mi creda – aggiunge Kaufer – stiamo molto attenti quando redigiamo queste liste e un hotel non può esservi classificato solo perché ci sono quattro recensioni negative. Ci rendiamo conto che abbiamo a che fare con la reputazione di qualcuno. Sono i commenti con contenuti davvero ostili che portano a questi risultati – sfido chiunque sia curioso a soggiornare in una di queste proprietà per controllare se davvero meritino di stare sulle liste”.


Quanto alla possibilità che vi siano competitor o persone in malafede che cercano di pubblicare recensioni false, Kaufer sembra sicuro di sé nel dichiarare che ciò non è possibile:

E’ davvero molto difficile aggirare il nostro sistema in modo da influenzare realmente il ranking di un hotel, perché abbiamo l’intero volume delle recensioni per fare una comparazione. Le attività sospette sono fermate prima che siano pubblicate sul sito. E poi facciamo affidamento anche sulle migliaia di persone che ogni giorno non si vergognano di cliccare sul link apposito se sospettano un imbroglio”.

 
 

Conclusioni: Internet non può essere imbavagliato

Nonostante le dichiarazioni di Kaufer restano comunque insoluti molti dubbi sulla credibilità di TripAdvisor e sul suo potere crescente nel mondo delle recensioni turistiche, che a detta del New York Times sta mettendo a rischio l’esistenza delle guide turistiche cartacee e quella degli stessi professionisti e giornalisti che da sempre si sono occupati della loro stesura.

Per quanto riguarda invece la posizione degli albergatori, rimane una sottile sensazione che questi non siano tanto infuriati con TripAdvisor perché non rintracciabile o perché sembra impossibile scomparire dalle sue liste, ma piuttosto che lo siano con la messa a nudo online dei loro più gravi difetti, attraverso le parole soggettive e poco lusinghiere dei viaggiatori scontenti.

Dunque mi chiedo: se è fondamentale e legittimo che ogni albergatore si tuteli contro abusi online, servirebbe davvero all’hotel sparire da TripAdvisor? Servirebbe che TripAdvisor venisse bannato dalla rete per mettere a tacere il malcontento?

Non credo: io penso che la maggior parte delle recensioni siano frutto dell’opinione spassionata di persone vere, e dunque la “verità soggettiva” di questi viaggiatori, specie se arrabbiati e offesi, troverà sempre il modo di emergere attraverso il passaparola nei social network, i forum di viaggio e i blog personali, con dichiarazioni rese visibili all’intero pianeta sui risultati organici di Google al solo digitare il nome del brand in questione.

La pessima reputazione, se tale davvero fosse, non scomparirebbe con TripAdvisor, ma resterebbe sempre lì, online, davanti agli occhi di tutti. Allora che cosa faranno gli albergatori, si infurieranno con La Rete?

Forse la maggior parte dei problemi non risiede dentro TripAdvisor, ma tra le mura di alberghi che spesso deliberatamente si rifiutano di vedere e prendere atto delle proprie mancanze, denunciate dai loro stessi clienti.

Fonte: The New York Times [3]