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Turismo Cinese: quanto è pronta l’Italia ad accogliere i visitatori con gli occhi a mandorla?

leggi l’articolo completo... [2]L’Ocse ha bocciato l’Italia in vari ambiti a seguito della ricerca “Oecd Italy tourism policiy review 2011”, un’analisi della gestione del Turismo in Italia commissionata due anni fa per valutare lo stato delle cose e capire come muoversi.

I risultati, presentati lo scorso mese in occasione del completamento della consegna dei diplomi del Mater in Tourism Management della Iulm, appaiono scontatissimi. Inutile continuare a sperare nella crescita del turismo dei Paesi BRIC se l’Italia non sarà pronta ad accoglierli con nuove infrastrutture e un nuovo approccio nella gestione, nella comunicazione e nella promozione del Paese.

Nello scorso articolo dedicato al Turismo in Italia [3], qualcuno ha commentato che tutti i provvedimenti auspicati dal Ministro Gnudi sono da considerarsi niente di più delle solite promesse di sempre, e che per ora restano solo parole.

È tempo però di intervenire concretamente: l’Ocse ha rilevato ovviamente problemi legati alla Governance, alle infrastrutture, con le strategie di promozione del Paese e persino con la redazione delle statistiche. C’è bisogno subito di una strategia a livello nazionale, di un’Enit riformata che prenda saldamente in mano le redini del Paese, mentre intanto le Regioni continuano a utilizzare nei modi più disparati i propri fondi senza una direzione univoca, che promuova il “brand Italia” al meglio, soprattutto all’estero.

Fare in modo che il Turismo rimanga uno dei pilastri del nostro PIL – ha affermato Gnudi qualche giorno fa – non sarà semplice perché ci sono alcune mancanze in Italia difficilmente colmabili nel breve termine:

Non parliamo poi dei trasporti: dai treni agli autobus, in Italia non ci distinguiamo di certo per efficienza e puntualità.

Per uscire da questo impasse, in attesa che vengano presi dei provvedimenti concreti, non resta che puntare sull’arrivo di nuovi turisti dall’estero, e soprattutto dai Paesi emergenti.

Puntare alla Cina

Pare un controsenso appellarsi al turismo cinese mentre metà Penisola (o forse più) lamenta le difficoltà di integrazione con i tanti immigrati cinesi che si sono stabiliti dovunque.

Detto questo, l’Italia si candida a divenire una delle mete predilette dalla Cina: i turisti cinesi amano soprattutto il mare e l’arte, cose che qui da noi non mancano.

Secondo l’Osservatorio PricewaterhouseCoopers – Sole 24 Ore [4] sul turismo in Italia, la spesa turistica della Cina in dieci anni andrà a costituire il 18,2% dei flussi internazionali.

Mentre infatti la spesa degli Italiani per i viaggi stagna – per la crisi economica e per la caduta libera delle condizioni lavorative che riduce sempre di più il loro potere d’acquisto – i turisti cinesi, amanti della cultura e disposti a spese pazze nei nostri outlet pieni di grandi firme, sono destinati a diventare i “turisti del futuro”.

Al momento però, dei 50 milioni di turisti che sbarcano in Europa dalla Cina, solo  pochissimi vengono in vacanza da noi, quindi per l’Italia si tratta di un’offerta di mercato ancora tutta da inventare, di una sfida dalle tante potenzialità (fonte AGI China 24 [5]).

Ma come soddisfare i nuovi turisti cinesi e fare in modo di offrire un servizio all’altezza delle aspettative? Sempre secondo la ricerca PwC, è necessario soprattutto concentrarsi su 3 punti

  1. Conoscere la loro cultura: E’ importante sapere quali siano le preferenze dei turisti cinesi ma anche come offrire servizi in linea con il loro pensiero e il loro stile di vita. Ad esempio non amano bere molto, quindi meglio non puntare su pacchetti enogastronomici o degustazioni. Alcune scelte potrebbero rischiare di offenderli: ad esempio il bianco è il colore del lutto, il 4, il 44 e altri numeri con il 4 sono considerati sfortunatissimi. Hanno un’alta considerazione del rispetto e della moderazione, qualsiasi forma di sgarbo in pubblico è considerata intollerabile. Impariamo anche le loro abitudini: come gli Inglesi non possono vivere senza bollitore e bustine da tè, in Cina è usanza trovare in albergo lo spazzolino da denti, l’accappatoio e l’acqua calda, considerati servizi standard. Molti sono abituati a mangiare dolce, soprattutto a colazione.
  2. Comunicare e promuovere l’Italia anche in Cina: Spesso ai tour operator non interessa molto questo settore, quindi sarà importante riuscire a impostare una solida strategia di promozione, magari anche con il sostegno del Governo, rivolta direttamente a questi nuovi Paesi emergenti.
  3. Saper gestire l’arrivo in Italia: L’esigenza di nuove infrastrutture è ovvia, ma in mancanza di risorse, si deve poter contare almeno sulla professionalità e il servizio degli albergatori, sulla loro disponibilità a comunicare in lingua e a far sentire anche questi ospiti come a casa propria.

I competitor europei più flessibili e all’avanguardia

Resta da capire se l’Italia sia effettivamente in grado di reggere i nuovi flussi, con la paura che sia destinata a restare indietro rispetto alla Spagna e alle altre destinazioni europee come ha fatto in questi anni, con l’ulteriore minaccia dei viaggi di lusso a buon mercato possibili solo in Oriente, come Malesia e Thailandia.

In una intervista rilasciata lo scorso anno da Cristina Lambiase, responsabile dell’Osservatorio ENIT di Pechino a AGI China 24, emerge che al momento il nostro sistema fa acqua da ogni parte rispetto ai competitor europei.

Ad esempio, i Cinesi pianificano i viaggi soprattutto online, e il Portale nazionale ancora resta un binario morto: “Secondo una relazione della China Tourism Academy, il 52% dei cinesi ottiene informazioni sulle destinazioni da visitare tramite internet dice la Lambiase – Noi siamo completamente sguarniti su questo fronte, e la cosa ha un impatto decisivo.”

In più i turisti cinesi sono tra quelli più propensi a spendere in beni di lusso, ma l’Italia non sembra pronta a sfruttare questo trend: “I partner cinesi dei tour operator italiani – spiega la Lambiase – non guadagnano niente sui  pacchetti, incassano solo dalle commissioni sullo shopping. Ma gli outlet italiani non sono d’accordo nel concedere queste commissioni, e si trovano a dover combattere, per esempio, con i francesi Magazzini Lafayette che non solo le concedono, ma hanno un servizio tax free specifico per i cinesi e accettano anche la China Union Card, la carta di credito più diffusa in Cina”.

Che dire? Difficile sapere cosa aspettarsi visti i precedenti… sperando di non essere così sciocchi da rimanere a guardare mentre il turismo cinese, adesso tanto prezioso, prende il volo per altre destinazioni.

Fonte: Sole24Ore [6], AGI China 24 [7]