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Turismo di lusso in Europa: potenziale inespresso da 520 miliardi

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Il turismo d’alta gamma, in Italia e in tutta Europa, ha un enorme potenziale, di cui sfrutta solo una piccola parte.

Questo è quanto emerge dall’ultimo studio di Eccia (European Cultural and Creative Industries Alliance) denominato High-end tourism. L’organismo europeo riunisce oltre 600 brand d’eccellenza e sei associazioni dell’alto di gamma nel mercato europeo.

Approfondiamo gli esiti della ricerca presentata dal presidente Matteo Lunelli e ripresa da Milano Finanza [3] e scopriamo le opportunità per le strutture luxury in Italia.

 

Un potenziale di crescita da 520 miliardi

 

Scorrendo i risultati dello studio, lo sguardo rimane impigliato a cifre da capogiro. Il comparto del turismo di lusso [4] moltiplica i suoi valori in modo straordinario: basti pensare che la spesa giornaliera di un turista di alta gamma è di ben otto volte superiore a quella del turista medio. Le strutture ricettive scelte da questo target occupano il doppio dei dipendenti rispetto alla media.

E non è finita qui: il settore, che copre appena il 2% delle strutture ricettive, genera quasi il 22% del fatturato turistico europeo e concorre a circa il 22% della spesa in alloggi e fino al 33% della spesa per cultura, intrattenimento e shopping. Contribuisce dunque ad accrescere tutti gli anelli della catena del valore, in un modo così diretto quanto sorprendente.

Il Vecchio Continente si rivela un tesoro preziosissimo, ma non ancora del tutto presidiato. Come spiega Lunelli, infatti, l’Europa è la prima destinazione turistica al mondo e il turismo è un comparto strategico per l’economia europea, ma esiste un grande potenziale ancora inespresso nel segmento di alta gamma: la fascia alta vale già 130-170 miliardi”. Come far fruttare questo patrimonio a cinque stelle?

Lunelli suggerisce un piano di sviluppo per il turismo luxury in Europa, che incrementerebbe il valore del settore fino a 520 miliardi. Per raggiungere tale ambizioso traguardo, però, il comparto dovrebbe focalizzarsi su cinque priorità: dagli investimenti per sviluppare un turismo sostenibile [5] allo sviluppo del turismo legato alla natura, senza dimenticare gli investimenti per la mobilità e le infrastrutture, la facilitazione dei visti e la valorizzazione dell’ospitalità.

 

Confturismo: in Italia torna la voglia di viaggiare

 

Lo studio di Eccia segue a ruota quello pubblicato dall’Osservatorio Confturismo-Confcommercio [6], che evidenzia come l’indice di propensione al viaggio sia tornato allo stesso livello pre-pandemia a 67 punti (su scala da 0 a 100) e 23 milioni di italiani tra 18 e 74 anni di età siano intenzionati a partire nel periodo estivo. Lo scenario rimane però offuscato dalle nubi dell’incertezza, provocate dalla guerra in Ucraina [7], dal caro energia e dalla corsa all’inflazione.

Nella rilevazione di fine aprile emerge come solo il 40% degli italiani ha già prenotato un viaggio, per i restanti rimane l’intenzione, che potrebbe tradursi in una prenotazione tardiva o proprio last minute. Cosa ne deduciamo? Da una parte sembra farsi spazio un nuovo tipo di vacanza [8] basato sulla libertà e sulla flessibilità estrema, dall’altra questo comportamento è sintomo di una maggior cautela nelle scelte di viaggio: 6 italiani su 10 si dichiarano preoccupati per le conseguenze dell’inflazione e del caro energia.

 

Trionfa il mare e si torna in hotel

 

Torna la voglia di viaggiare, dunque, ma per recarsi dove? In cima alla classifica delle preferenze di vacanza – secondo l’Osservatorio – c’è il mare, seguito dalla montagna e dall’esperienza culturale, in città e luoghi d’arte che includono i piccoli borghi [9].

Registra un incremento il “raggio degli spostamenti”, indice di una maggiore propensione alla spesa: l’85% degli italiani sceglierà mete nazionali, mentre il restante 15% programma un viaggio all’estero che, per più di due terzi, sarà in Europa. Per la vacanza principale, quella di 7 giorni o più, gli intervistati dichiarano che spenderanno in media 1.080 euro, che si riducono a poco più di 600 euro per i break di durata inferiore, da 3 a 7 giorni.

Un altro dato degno di attenzione, soprattutto per i nostri lettori albergatori, riguarda gli alloggi. Se la scorsa primavera, gli studi di settore [10] evidenziavano una propensione alle case in affitto (scelte dal 34% degli intervistati), rispetto agli alberghi (prenotati dal 26%), oggi la situazione appare ribaltata. Il 31% dei connazionali soggiornerà in hotel e il 21% in case in affitto. Sembra dunque in buona parte superato il timore dei luoghi affollati, potenziali focolai di contagi, mentre si riaffaccia la voglia di coccolarsi con i comfort e i servizi delle migliori strutture ricettive.

Albergatori siete pronti ad accogliere gli italiani in questa estate di revenge travel [11], all’insegna del lusso, del benessere e del comfort? La stagione è davvero alle porte, non fatevi trovare impreparati!