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In USA la Rate Parity resta legale: OTA e catene alberghiere vincono la causa

leggi l’articolo completo... [2]Dopo mesi di fiato sospeso in attesa di un responso sulle tante cause intentate contro rate parity e affini a livello internazionale, un verdetto è stato emesso.

È il tribunale di Dallas a pronunciarsi, dichiarando che non c’è evidenza che OTA e catene alberghiere utilizzino la Rate Parity come cartello per fissare i prezzi e limitare la competizione. Dunque per il momento la Parity non è illegale.

Come ricorderete, in USA è stato un gruppo di semplici cittadini a denunciare all’antitrust l’utilizzo della dicitura della “best rate guaranteed” accusando le OTA e le catene alberghiere di fare “cartello” contro gli interessi degli utenti e quelli dei competitor minori (vedi articolo: “Ma quale miglior tariffa garantita?” – Gli utenti fanno causa alla Rate Parity [3]).

Tra gli imputati c’erano Expedia, Priceline, Orbitz e note catene alberghiere, come Marriott, Hyatt e IHG.

OTA e hotel competitor in un rapporto incestuoso

Il Giudice Jane Boyle di Dallas, che si è occupata della causa, ha scritto:

È vero, sia gli hotel che le OTA imputate beneficerebbero dell’eliminazione della competizione dei prezzi nella vendita delle camere online.

Ma questi “motivi comuni” spiegano perché hotel imputati (ognuno di loro vuole mantenere il controllo dei prezzi online delle proprie camere) e OTA imputate (ognuna vuole assicurarsi che il prezzo minimo che pubblica non venga poi ridotto) sono d’accordo nel mantenere la “resale price maintainance”.

Solo perché gli interessi oggettivi delle attività degli imputati possono destare dei sospetti, non significa che ci sia una vera cospirazione.” (fonte: Tnooz [4])

Insomma, hotel e OTA sono “competitor in un rapporto incestuoso”, ma di fatto non ci sono prove reali che siano stati presi accordi per fare “price fixing”, ovvero imposizione illegale delle tariffe.

Il giudice ha aggiunto che il pregiudizio dei querelanti – il pagamento di prezzi superiori al livello concorrenziale – non ha alcun legame plausibile con la best rate guaranteed e che non è possibile dimostrare che la “parity rate” riduca la concorrenza tra brand imponendo alle OTA tariffe fissate dagli hotel.

Rate Parity e mancanza di competitività: solo una bolla di sapone

L’impressione è che con la chiusura di questa causa giunga al termine il lungo capitolo che ha visto albergatori di tutto il mondo sollevarsi contro le OTA ponendo al centro della contesa uno dei nodi cruciali della distribuzione alberghiera online. Una clausola per molti difficile da ingoiare perché imposta dalle OTA.

Eliminare del tutto la parità tariffaria aprirebbe le porte al “far west” dei prezzi, col rischio per l’hotel di perdere il controllo sulle proprie tariffe e sul posizionamento del suo brand.

Resta il fatto che qui in Italia come nella maggior parte degli altri Paesi europei (e forse in modo meno evidente, ma anche in USA) la rate parity non viene rispettata – sia dall’una che dall’altra parte: se fosse così i metasearch non avrebbero ragion d’essere.