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Abbassare i prezzi oppure no? Il dilemma di ogni albergatore

 Questa è da sempre una delle domande più ricorrenti che circolano nelle menti degli albergatori. Vediamo cosa ne pensano al riguardo i colleghi di oltre manica, soprattutto adesso con la situazione economica globale.

Durante la conferenza “Hotelier of the Year” tenutasi all’Hyatt Churchill hotel di Londra, il direttore generale del gruppo Robert Cook, ha spiegato ai delegati che le tariffe dei suoi hotel erano flessibili a seconda della domanda.

La questione se è il caso di abbassare o meno i prezzi si sta facendo sempre più controversa, specie oggi che gli hotel e i gruppi alberghieri devono combattere giornalmente per rimanere competitivi in un mercato teso come non mai.

L’esperto albergatore George Goring, ha riassunto la problematica in questi termini: “L’errore più grave è elevare i prezzi, e il secondo errore più grave è abbassarli troppo”. In altre parole, ci troviamo tra l’incudine e il martello.

Il problema è stato affrontato direttamente durante la conferenza. Il neo eletto Hotelier of the Year Andrew Mackenzie si è dimostrato fortemente favorevole al taglio dei prezzi. Ha dichiarato: “La gente può accedere alle tariffe con più facilità adesso, e prendere una decisione online. Mantenere alti i prezzi è un lusso, perché se negli affari vivi alla giornata e hai bisogno di contanti, avrai anche bisogno di abbassare le tariffe per riempire le camere”. Ha aggiunto: “Il Vineyard a Stockcross è un’impresa costosa da gestire e avremo tariffe che spaventeranno la concorrenza”.

Anche Rupert Elliot, general manager del Stapleford Park a Leicestershire, è stato molto franco nel dichiarare la necessità di adattare i prezzi alla situazione attuale: “La cosa più ragionevole da fare è adattarsi alla flessibilità della domanda, specialmente di questi tempi”.

Michael Shepherd, general manager del London Hilton a Park Lane, ha riconosciuto: "Ci doveva essere un cambiamento di tendenza stagionale. E’ normale, e dunque c’è bisogno di adeguare le tariffe”. Comunque, molti albergatori hanno continuato a sostenere che mantenere i prezzi stabili è la miglior strada su cui proseguire.

Gordon Campbell Gray, fondatore e managing director del One Aldwych di Londra, ha affermato: "Quando gli altri modificano il proprio posizionamento diminuendo le tariffe, questo ti fa apparire più costoso. Ovviamente non si può avere un cartello, ma questo atteggiamento rende anche difficile far rialzare le tariffe”.

Sia Peter Hancock, direttore generale degli Hotel Pride of Britain, che Harry Murray, dirigente del Lucknam Park Hotel, vicino a Bath, hanno proposto di offrire un valore aggiunto piuttosto che ridurre drasticamente le tariffe: “Il valore aggiunto può essere offerto sotto forma di pacchetto, ma anche mantenere le tariffe flessibili non è un errore. Ciò permette agli albergatori di essere più liberi di scegliere (a seconda delle necessità che si presentano)”.

Murray ha sostenuto che “il miglior modo per aumentare le prenotazioni è attraverso il valore aggiunto. Visto che i costi fissi per lo staff, la corrente, il gas, ecc. rimangono invariati, tanto meglio offrire un trattamento spa gratuito o una bottiglia di Champagne nella stanza, dal momento che avrai comunque i tuoi dipendenti lì a disposizione. Inoltre – ha proseguito – devi fare attenzione a non attrarre i clienti sbagliati, cosa che potrebbe accadere se abbassi troppo le tariffe”.

Ma Robert Cook, direttore generale del Malmaison e dell’Hotel du Vin, ha concluso che la situazione è ben lontana dall’essere ben definita. Inizialmente ha dichiarato: “Il miglior modo per distruggere un brand è abbattere i prezzi in modo aggressivo”. Comunque in seguito ha ammesso che la sua compagnia rende sempre le tariffe flessibili a seconda della domanda. Infatti, nel recente periodo di Natale, ha abbassato il prezzo a 79 sterline per evitare la scesa in picchiata del livello di occupazione.

 
E voi albergatori italiani cosa ne pensate? Quale strategia tariffaria state adottando? Invitiamo i lettori ad intervenire dando la propria opinione.