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I viaggiatori business e la sharing economy: come sopravvivere ai cambiamenti

leggi l’articolo completo... [2]Il mondo sta cambiando. I viaggiatori business stanno cambiando. Dopo la crisi, che tra le altre cose ha colpito impietosamente il corporate travel a livello globale, adesso ci si mette anche la sharing economy.

Oggi che le convenzioni aziendali sono una rarità, chi viaggia per lavoro inizia a preferire Uber e Airbnb ai taxi e agli hotel.

In un mercato travel che evolve sempre più rapidamente neanche i viaggiatori business si riconoscono più. Con l’avvento dei Millennial e del viaggiatore bleisure (ovvero chi combina viaggi di lavoro con quelli di piacere) già abbiamo assistito alla trasformazione di una categoria e delle sue preferenze di viaggio.

Oggi il business traveller continua ad evolvere e abbraccia in pieno i colossi della sharing economy: Uber e Airbnb.

 

Uber in America supera i taxi

Lo ha detto Certify [3], azienda statunitense che si occupa di gestione delle spese aziendali: nel secondo trimestre 2015 in USA l’analisi delle note di spesa aziendali rivela che Uber ha abbandonato il podio delle novità ed è diventato definitivamente abitudine, anche tra i viaggiatori business.

Tra aprile, maggio e giugno il 55% delle spese di trasporto dei business traveller è finito nelle tasche di Uber, mentre solo il 43% è da ricondursi all’utilizzo del taxi.  È la prima volta che uno studio dimostra che l’utilizzo di Uber ha superato quello dei taxi.

Sono soprattutto San Francisco, Dallas e Los Angeles le città dove Uber è andato per la maggiore anche tra i business traveller.

Ma perché – si chiedono negli uffici di Certify – se Uber è una delle aziende più vessate dalla lobby dei tassisti e dai governi, che hanno fatto di tutto per boicottarlo, è così amata, persino da una classe di viaggiatori notoriamente esigente come il business traveller?

Uber dal canto suo ha saputo capire le esigenze delle aziende e ha lanciato un portale dedicato a chi viaggia per lavoro (lo trovate anche in Italiano: www.uber.com/business [4]) che valorizza i punti di forza del servizio: riduci i costi del 40% rispetto a un taxi, stabilisci delle policy aziendali per approfittare del servizio, addebiti immediatamente le corse senza bisogno di gestire i rimborsi spese, i mezzi sono selezionati con attenzione per garantire qualità e sicurezza.

L’azienda non deve far altro che iscriversi e può gestire il tutto dal pannello di controllo dedicato.

 

Airbnb diventa business-friendly

Anche Airbnb ha lanciato un portale dedicato alle aziende per la gestione dei soggiorni di lavoro: www.airbnb.it/business-travel [5]. Qui si trovano solo alloggi selezionati esclusivi, Wi-Fi incluso e possibilità di prenotazione immediata.

Da poco Airbnb ha confermato la partnership con Cuncur, il software per la gestione delle spese aziendali più famoso d’America. Così le aziende hanno una dashboard per monitorare i soggiorni e le spese dei propri dipendenti. I rimborsi spese vengono immediatamente notificati, le prenotazioni si possono fare solo nel rispetto delle policy imposte dall’azienda e quest’ultima sa sempre dove si trovano i collaboratori, per evitare problemi di sicurezza.

Certo non si può dire che il business sia il settore più importante per Airbnb ma è un settore in crescita: Circa il 10% dei clienti Airbnb viaggiano per lavoro e abbiamo ricevuto richieste sia di viaggiatori che di dipendenti per rendere più semplice utilizzare il servizio per le trasferte di lavoro.”

D’altronde anche Airbnb fa parte nelle new entry più eclatanti dello studio di Certify. Nel settore business travel il portale di affitto per le abitazioni private rispetto ai primi tre mesi del 2015 ha registrato un incremento di utilizzo del 143%, con una permanenza media di 3,8 notti rispetto alle 2,1 degli hotel.

Airbnb è un colosso che temono tutti, persino le grandi OTA forse si sentono minacciate. Guarda caso poco tempo fa Booking.com ha seguito le orme di Airbnb: ha lanciato un sito dedicato alle aziende e ai soggiorni aziendali (www.booking.com/business.html [6]).

Rocketrip [7], un servizio simile a Certify, ha stimato che prenotare su Airbnb invece che in hotel permette di risparmiare il 41%. Per questo forse piace così tanto a chi si sposta per business.

 

Si chiama selezione naturale

Sappiamo tutti che in Italia l’applicazione di car sharing UberPop è stata bloccata  [8]e che Airbnb è fortemente contestato. Ma che siate d’accordo o meno con questa avanzata della sharing economy l’apprezzamento crescente per questi siti da parte dei viaggiatori testimonia che ci troviamo di fronte a un cambiamento epocale da cui non si torna indietro.

I tassisti italiani si sono battuti contro Uber e hanno vinto la loro battaglia, togliendo al pubblico un servizio reputato da molti utile e conveniente. Per il momento.

Sono tanti anche quelli che si scagliano contro Airbnb: l’Italia è subito schizzata tra i paesi con più alloggi Airbnb ma la nostra normativa e il nostro fisco sono chiaramente ancora incapaci di gestire l’economia della condivisione.

Certo, ci si può opporre a tutto, da Airbnb a TripAdvisor, ma il mondo, la Rete e i viaggiatori non si possono né fermare né imbavagliare. Chi non si adatta alle loro necessità e ai nuovi scenari muore: è una regola antica quanto il mondo e si chiama “selezione naturale”.

Il modo per ritagliarsi uno spazio nonostante il dilagare di questi nuovi servizi travel c’è e resta sempre lo stesso: fare il proprio lavoro nel miglior modo possibile, essere trasparenti e ascoltare gli ospiti mettendo le loro esigenze al centro del nostro lavoro.

Ci sarà sempre chi preferisce le comodità dell’hotel a quelle di un appartamento, ma bisogna saper fare in modo che i vantaggi siano sempre chiari e tangibili, altrimenti i viaggiatori ci metteranno un attimo per rivolgersi da qualche altra parte, a un altro hotel o magari ad Airbnb.

La sharing economy a molti fa paura quanto una volta facevano paura le OTA, ma è il momento di scrollarsi via di dosso i timori e andare avanti, nella consapevolezza che magari sarà necessario anche cambiare.