Re: Turismo Italia: di Disoccupati, di Ospitalità e di Marketing
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Ciao Marghe.
Anche se conveniamo tutti su tutto, non dobbiamo dimenticare due parole che possono aiutarci ad essere consapevoli e perciò più forti davanti alle avversità: ciclicità e riconversione. Mio nonno morì d’infarto al vedere cosa era rimasto della sua vita di lavoro, ristorante e albergo rasi al suolo dai bombardamenti degli alleati. Mio padre, cameriere zoppo, ricominciò tutto daccapo emigrando in un altra città. Io a 14 anni iniziai a “calcare la scena” sotto di lui come commis. Nel ’78 il ministro Andreatta, scandalizzando tutti, consigliava ai giovani di emigrare; io nel dicembre del ’79 ero già nel Quebec a lavorare, e per 10 anni non mi sono mai fermato. Abbiamo degli istituti alberghieri formidabili, delle vere eccellenze, eppure gli insegnanti non recepiscono le opportunità della globalità in cui siamo immersi. Molti di essi continuano a credere che non sia necessario uno stage all’estero. Al contrario a mio modesto avviso, un maitre di sala o d’hotel, oppure uno chef, un receptionist, o un futuro direttore, se si saranno confrontati con l’estero produrranno un 50% in più di opportunità. Chiedetelo a chi, laureato, è obbligato a fare il cameriere a Londra e contemporaneamente fa il tour operator per l’Italia. Finché si rimarrà nel proprio orticello (vedasi Candido di Voltaire: il migliore dei mondi possibili… ), non si potrà valutare appieno le nostre potenzialità, per esempio del nostro meridione e l’urgenza di “bonificarlo”. Dalla fine della guerra ad oggi, abbiamo dimenticato che: non è sempre domenica. Tanto vale per la costa romagnola che ha una vitalità che fa scuola in tutto il mondo, dato che accompagno imprenditori sud americani a studiare il “caso Rimini” per capire come investire in turismo nei loro paesi. In breve, c’è tanto da fare ma se non cambiamo, se non ci riconvertiamo, verremo sostituiti da chi ha avuto il coraggio di rischiare investendo. Non è svendendo le camere e sfiancando il personale, o peggio licenziandolo che si supera la crisi. Credetemi, il solo abbattere i costi serve solo a prolungare l’agonia di chi non è capace di vendere al cliente giusto, includo le catene alberghiere. Ma dove sono finiti i tedeschi? Mi fermo qui per non sollevare un ulteriore inutile “polverone”.