Disparity Rate: danni all’immagine e ai profitti

leggi l’articolo completo...Sono quasi 8.000 gli hotel italiani presi in analisi da Trivago che per la maggior parte non mantengono la Parity Rate, cioè non mostrano ai clienti tariffe univoche su tutti i canali di vendita, (sia on-line che off-line), per la stessa camera e per le stesse date di prenotazione.

Secondo il recente tHDPI (trivago Hotel Disparity Price Index), condotto dal comparatore di prezzi del sito di recensioni relativamente al periodo Settembre-ottobre 2010, ci sarebbe in media un’oscillazione di prezzo del 13% nelle tariffe nazionali, percentuale che va aumentando nelle città meta dei maggiori flussi turistici, ad esempio Pisa (33%) e Milano (32%). Gli hotel a 4 e 5 stelle detengono il primato della “disparity rate” (dal 13% al 21%).

Dalla cartina elaborata da Trivago, si può evincere come la pratica di mantenere tariffe differenziate sia diffusa un po’ in tutta la penisola, anche se il primato al riguardo lo detengono le regioni con maggior densità alberghiera, come Toscana, il Lazio e Veneto:
Tra le Regioni che mantengono invece con più attenzione la Parity ci sono quelle dove gli hotel presenti sul web sono pochi e dove dunque c’è minor possibilità di contravvenire alla parità tariffaria on-line, come il Molise (variazione tariffaria 1%), la Basilicata, il Trentino Alto Adige (4%), il Friuli Venezia Giulia (5%), la Liguria e la Puglia (entrambe 7%).
 

Le conseguenze della Disparity Rate: danni all’immagine ed ai profitti

Abbiamo già ripetuto tante volte qui su Booking Blog che la Parity Rate dovrebbe essere alla base di qualsiasi strategia di posizionamento e di marketing, per evitare danni alla brand reputation e ai profitti dell’hotel:

  1. Danni d’immagine e di brand reputation:
    Trivago afferma che “La disparità dei prezzi degli hotel è un fenomeno che colpisce la maggior parte della popolazione turistica ma che tuttavia non viene ancora avvertito”.
  2. È indubbio però che attualmente stiano emergendo delle dinamiche in ambito Web 2.0, grazie ai portali, ai siti di comparazione prezzi e alle community di viaggio, per cui anche gli utenti meno informati stanno sviluppando uno spirito “critico” ed un atteggiamento sempre più consapevole ed attento nella scelta dell’hotel.

    Alla lunga questa pratica non potrà che portare discredito all’albergo: se è vero che la prima impressione è quella che conta, che idea si faranno gli utenti di un hotel che sul sito mostra un prezzo, al telefono ne comunica un altro e sul portale ne mostra uno diverso ancora?

  3. Disincentivazione alla prenotazione diretta e diminuzione dei profitti:
    Come ha affermato Patrick Landman di Xotels recentemente: “L’obiettivo della Rate Parity per gli hotel consiste nell’incoraggiare gli utenti a prenotare direttamente. Non dovrebbero trovare nessun vantaggio nel prenotare tramite un intermediario rispetto al vostro sito ufficiale. La Rate Parity dovrebbe essere sfruttata alla stregua di uno strumento di revenue management”.

    Quello che afferma Landman, ovvero che l’albergatore dovrebbe impegnarsi a far sì che il cliente prenoti dal suo sito piuttosto che su un’OTA, per molti albergatori italiani sembra non essere un fatto così scontato. L’analisi di Trivago rivela infatti: “Lo scenario reale dimostra che esiste una grande percentuale di risparmio (per gli utenti, ndr), che dipende per lo più per l’esistenza di agenzie di prenotazione on-line e che solo raramente è l’hotel stesso a praticare e riservarsi la tariffa più bassa”.

    Il fatto che l’hotel proponga sui portali una tariffa addirittura più bassa che sul proprio sito, denota senza dubbio carenza di una cultura customer-oriented, mancanza di attenzione e di utilizzo di strumenti avanzati per la gestione delle tariffe come il channel manager.

 

Cancellation disparity: gli utenti non sono invogliati a prenotare sul sito ufficiale

Recentemente abbiamo rilevato che gli albergatori italiani spesso non si limitano a gestire tariffe diverse tra portali e sito ufficiale, ma spesso si spingono fino allo stabilire due diversi trattamenti di cancellazione: se sul portale la cancellation policy è di pochi giorni, sul sito ufficiale le restrizioni sono molto più dure.

Ma perché accade questo? Forse in questo modo l’albergatore si illude di potersi tutelare maggiormente contro no-show o cancellazioni, o forse semplicemente non reputa il cliente abbastanza “scaltro” da individuare questa disparità di trattamento.

Come abbiamo già detto per le tariffe, gli utenti stanno diventando sempre più attenti e accorti nell’effettuare una prenotazione, dunque una cancellation policy meno flessibile sul canale diretto, non potrà far altro che disincentivare alla prenotazione sul sito ufficiale.

Insomma, c’è una “masochistica” propensione a spingere l’utente a prenotare su canali in cui si pagano fior di commissioni.
Dunque come è possibile favorire la disintermediazione dalle OTA e l’incentivazione all’utilizzo del canale diretto? Come sensibilizzare gli albergatori ad una nuova, diversa e più proficua gestione dell’hotel e del sito ufficiale?

 

Per leggere lo studio completo di Trivago: tHPDI