Il Covid sta rimodellando il volto degli hotspot del turismo in Europa

leggi l’articolo completo...Da anni ormai in Italia e in molte città di Europa si parla di overturism, un turismo “mordi e fuggi”, esagerato, spesso poco rispettoso della destinazione e mal sopportato dai residenti. Una boccata d’aria non indifferente, invece, per musei, ristoranti, strutture ricettive, commercianti e addirittura artigiani, in parte specializzatesi nella riproduzione di souvenir.

Un afflusso di entrate che si è mostrato importante, a tratti cruciale, per le casse di siti come Venezia, Firenze, Parigi, Amsterdam, Barcellona, divenute capitali del turismo di massa. Fino agli esordi del 2020, ancora ignari della crisi prossima ventura, i residenti degli hotspot turistici, da Venezia a Firenze, intentavano cause contro gli affitti selvaggi di AirBnb, che fagocitava interi quartieri. A Barcellona apparivano graffiti contro i turisti. Ma oggi come vivono le culle semi-deserte del turismo europeo? La pandemia potrebbe rappresentare, dopo un primo momento durissimo, un punto di svolta e crescita per le destinazioni?

Scopriamolo insieme, grazie a un’analisi del The Guardian.

 

Focus su Barcellona

 

Barcellona – insieme ad altre città spagnole fortemente dipendenti dal comparto turistico – teme il tracollo economico e si sta adoperando all’elaborazione di piani per attirare nuovamente i viaggiatori, mentre i residenti affaticati dalla ressa riprendono fiato. Lo spettro più preoccupante, ora, sembra la disoccupazione. Le associazioni di categoria prevedono, infatti, che almeno il 15% delle imprese e uno su quattro ristoranti nel centro di Barcellona chiuderanno definitivamente a causa del coronavirus e le prospettive sono altrettanto cupe in altre destinazioni turistiche urbane, con decine di migliaia di posti di lavoro a rischio.

Nonostante le perdite ingenti, però, sindaci, esperti del settore e studiosi delle città europee scorgono una luce potentissima al di là delle ombre: il crollo dell’industria dei viaggi offre un’opportunità inedita di ripensare il modello di business delle città affette da overturism. Xavier Marcé, l’assessore di Barcellona responsabile del turismo, ha dichiarato: “Non voglio più turisti, voglio più visitatori”.  Secondo Janet Sanz, vice sindaco di Barcellona, ​​le città ormai dipendenti dal turismo stanno pagando il prezzo di un’economia monoculturale e ora la vera sfida è diversificare.

Una sfida non semplice da perseguire, stando ai numeri degli hotspot urbani in oggetto. Barcellona, ​​che ha una popolazione di 1,6 milioni, ha ospitato 30 milioni di visitatori nel 2019; Venezia, 270.000 residenti e 25 milioni di visitatori; Amsterdam, 873.000 abitanti, ha accolto 19 milioni di turisti. Diversificare è sicuramente una strada da prendere in considerazione, ma i metodi e tempi di attuazione non sembrano scontati. E nel frattempo, cosa rimane delle Ramblas brulicanti di gente di ogni etnia ed età alle diverse ore del giorno e della notte? Rimane il piacere, per i residenti, di riappropriarsi dei propri luoghi del cuore.

 

Venezia e Amsterdam

 

Nel rovente dibattito sul futuro degli hotspot europei rientrano a pieno titolo Venezia ed Amsterdam, con personalità fautrici di un radicale quanto necessario cambiamento di rotta. Il fil rouge appare la promozione di un turismo più consapevole, selettivo e sostenibile, nel solco della dichiarazione di Marcé sopra citata.

L’assessore del turismo di Venezia, Paola Mar, asserisce la volontà di ripensare le strategie alle base dell’industria dei viaggi, osservando la crisi della sua città svuotata dalle folle. Negli ultimi anni il turismo di massa è stato visto come una minaccia alla sopravvivenza dell’area urbana, ma oggi il tema caldo è come questa sopravviverà con (molti) meno visitatori.

I flussi turistici stanno lentamente rientrando a Venezia con l’alleggerimento delle misure post Covid, in molti viaggiano in auto da Austria, Germania, Francia e Belgio e prediligono le case in affitto. Numerosi hotel rimangono chiusi e quelli aperti raggiungono un’occupazione di appena il 30%, impensabili nelle estati precedenti.

Mentre si pensa a come gestire efficacemente un turismo necessariamente mutato, Mar sottolinea che alcuni piccoli grandi passi sono già stati fatti. I proprietari di immobili normalmente affittati ai turisti hanno infatti firmato un accordo con il consiglio e le università di Venezia per affittare ora agli studenti. Qualcosa di simile sta avvenendo a Firenze dove lo Student Hotel, quasi verticalizzato nell’ospitalità a studenti americani, si converte a hub per smart worker e punto di incontro per giovani residenti.

Heleen Jansen, coordinatrice delle comunicazioni aziendali di amsterdam&partners, un’organizzazione no-profit che supporta Amsterdam per la promozione turistica, ribadisce: “Vogliamo avere un’economia dei visitatori sostenibile che non danneggi la vivibilità della nostra città”.

In quest’ottica, alcune città come Amsterdam, Barcellona e Lisbona, hanno preso provvedimenti per frenare il fenomeno AirBnb che ha spinto gli affitti alle stelle, spesso allontanando i residenti. Jaime Palomera, portavoce dell’Unione degli inquilini di Barcellona, ​​chiede che vengano revocate le migliaia di licenze di appartamenti turistici concesse in perpetuità dal governo catalano nel 2011. Aggiunge inoltre la necessità di legiferare contro la concessione di camere singole ai turisti, che consente ai proprietari di aggirare la legge che vieta l’affitto di interi appartamenti.

 

Strategie e soluzioni concrete per il post overturism

 

I residenti possono apprezzare le città senza folla, padroni di bellezze quasi dimenticate…ma è inutile nascondersi dietro immagini poetiche: la disoccupazione di massa incombe (intorno al 18% nel comparto interessato).

Marcé ritiene che il problema risieda meno nei numeri che nella distribuzione. Lo scopo ora è incoraggiare i turisti a visitare altre parti della città e non solo i siti tradizionali. Visione condivisa da Amsterdam nel suo piano post-Covid-19, sebbene è sicuramente difficile scoraggiare i visitatori dal riunirsi in siti iconici.

“Trenta milioni di visitatori ospitati fino all’inizio di quest’anno non è una situazione sostenibile”, secondo Marcé. “Lo stesso numero con interessi diversi dispersi in aree diverse potrebbe non essere un problema così grande.” Octavi Bono, direttore generale del turismo per il governo catalano, è d’accordo. “Vogliamo un turismo migliore con una migliore distribuzione dei turisti per stagione e posizione. Stiamo proseguendo con un piano di marketing concordato.”

Ad Amsterdam, Geerte Udo, amministratore delegato di amsterdam&partners, riferisce dell’impegno per una campagna di riscoperta dell’offerta culturale, del centro storico della città e di altri quartieri meno noti. In questo modo, si contribuisce al rinnovato legame tra i residenti e la loro città, con l’obiettivo di affascinare gli abitanti di Amsterdam e invogliarli alla riscoperta della loro città.

Nonostante gli sforzi, è inutile illudersi che il turismo ripartirà, a livello di numeri, velocemente e non possiamo prevedere se e quando si tornerà a una normalità pre-crisi. Secondo Marcé, l’industria dei viaggi uscirà da questa difficile fase completamente cambiata. Non tutti viaggeranno come una volta e coloro che lo faranno, potrebbero desiderare viaggi più tranquilli, meno frenetici, forse vedranno meno cose ma godranno di più dell’esperienza.