Tutti gli Italiani online: ora! – Google indica il futuro per il Turismo Italiano

leggi l’articolo completo...Il motore dell’Italia sono le piccole e medie imprese. Ma i clienti sono in tutto il mondo. Quindi primo passo, un website e una connessione adeguata. Internet non è abbastanza veloce, è una questione che il vostro governo deve affrontare rapidamente. Tutti gli Italiani devono andare online: subito!

Così ha detto Eric Schmidt, presidente di Google, a Beppe Servegnini sul Corriere della Sera. Schmidt non risparmia all’Italia giudizi negativi, ma nell’incontro con il Ministro del Turismo Dario Franceschini, indica la strada. Ora si tratta solo di cominciare a camminare. O meglio ancora, a correre.

Correre sì, perché l’Italia soffre di un deficit digitale spaventoso, che si ripercuote su tutto, dal lavoro alla burocrazia, fino al turismo ovviamente.

 

Colpa delle strutture alberghiere?

Tanti sono i numeri contrassegnati dal segno meno che emergono nella situazione attuale, come riferisce il sito di Nova24 Tech:

  • I turisti che arrivano qui utilizzando piattaforme e-commerce sono solo il 26% (rispetto alla media europea, che si stima intorno al 49%)
  • Tra le destinazioni culturali più apprezzate nei Paesi dell’UE  l’Italia è al terzo posto (dopo Francia e Spagna)
  • Dulcis in fundo: solo poco più di 4 alberghi su 10 offre un sistema di prenotazione online

In poche parole, secondo il Sole 24 Ore, l’Italia soffre anche a causa dell’arretratezza digitale delle strutture ricettive: l’Italia, che possiede la maggior parte dei siti UNESCO, è resa “meno appetibile a causa della scarsa presenza online delle strutture turistiche.”

In più, la Penisola non riesce a monetizzare i siti culturali: sono 4mila i nostri musei che hanno una rendita netta di 70 euro a dipendente che, sommati tra loro, non arrivano a generare gli introiti del Louvre, dive sempre Nova24.

 

Schmidt lancia stoccate con Internet, ma Franceschini risponde con la Storia medievale

Il presidente di Google certo non ha peli sulla lingua: “I governi italiani hanno fallito. Il tasso di disoccupazione giovanile è altissimo, pari al 46%. Per risolvere questo problema il governo dovrebbe cercare di formare e far lavorare i giovani nel mondo del web.

La constatazione che in USA l’informatica è materia di studio fin dai primi anni di scuola, suona più come un’offesa che come un suggerimento. (Fonte: Key4Biz)

E Franceschini risponde, affermando che ogni Paese gode di vocazioni culturali diverse e che quelle dell’Italia non sono da disprezzare: In ogni Paese ci sono vocazioni, magari un ragazzo italiano sa meno di informatica ma più di storia medievale e nel mondo questo può essere apprezzato. Un ragazzo italiano ad esempio potrà andare negli Usa a insegnare storia medievale e uno americano potrà venire qui a insegnare informatica”.

Affermazione che, a onor del vero, fa un po’ sorridere, perché – come molti hotel sanno – con il web si mangia, con la storia medievale sicuramente meno.

 

Arte e cultura non si possono monetizzare?

Pare già un sogno che finalmente qualcuno riconosca nel Turismo un volano di ripresa per il lavoro e la crescita.

Il turismo – dice Franceschini – ha bisogno del commercio elettronico ed è il settore in cui siamo più arretrati, con un processo di digitalizzazione delle imprese turistiche e con l’apporto delle startup è possibile creare 250mila impieghi”.

Il tutto però mantenendo rigorosamente “arte e cultura fuori dalle logiche commerciali”, anche se non s’intende perfettamente che cosa voglia di re con questo il Ministro.

È giusto che l’Italia porti sul web la sua ricchezza culturale – come dice Schmidt – ma Franceschini ribadisce che: “Un prodotto può essere di grande valore culturale ma non essere redditizio, quindi occorre mettere confini fra ciò che si fa al servizio dell’umanità e ciò che si fa per profitto.

Franceschini si è dimostrato aperto a certe collaborazioni con Google, “digitalizzando tutto il patrimonio artistico-monumentale italiano, magari in 3D – Questi terreni di collaborazione si possono trovare, sottraendoli però a logiche di mercato”.

Nel senso che arte e cultura non si possono monetizzare? Ma allora di cosa stiamo parlando?

Staremo a vedere, ma resta il fatto che rendere redditizio un Museo o un servizio culturale online, non è mai stato disdicevole, anzi, dovrebbe essere un imperativo per la nostra economia.

 

Cosa si sta facendo di concreto

Il dibattito si è dunque concluso lasciando in sospeso vari argomenti: “Il colloquio è stato un assaggio – dice Luca de Biase, il moderatore dell’evento “E ci vuole tanto di più per sviluppare un’azione forte. La consapevolezza di Franceschini e la simpatia di Schmidt per l’Italia sono due importanti premesse. Molto lavoro però sta a noi cittadini, per fare di queste premesse l’inizio di un discorso da sviluppare sul serio.”

Sicuramente una partecipazione dal basso è fondamentale ma prima di tutto il Governo deve aprire le porte. E qualcosa pare si stia muovendo:

  1. È stato lanciato il Laboratorio per il Turismo Digitale (TDLAB), di cui abbiamo ampiamente parlato nei giorni scorsi nelll’intervista a Sergio Cagol e nell’articolo Dalla Preistoria al Laboratorio per il Turismo Digitale – è stato per altro da poco creato il sito ufficiale del laboratorio: http://tdlab.beniculturali.it/
  2. Digitalizzazione: il 22 maggio è stato approvato un decreto per promuovere turismo e cultura: credito d’imposta fino al 65%, crowdfunding e finanziamenti per l’ammodernamento dei servizi ricettivi, in particolare un bonus del 30% per la digitalizzazione delle imprese ricettive. In più, riorganizzazione dell’ENIT, definita finalmente “inadeguata alle esigenze del turismo italiano.”

Aspettiamo ora al più presto il decreto attuativo.

Sarà la volta buona questa?