Il “Brand Bidding” colpisce anche le agenzie
13 Febbraio 2009Fino ad ora erano i grandi Brand turistici, soprattutto catene alberghiere o compagnie aeree, ad infuriarsi nel vedere il loro prezioso nome sfruttato indebitamente da altre imprese più o meno note: il ‘piggybacking’ è una pratica assai diffusa e per altro consentita da Google (vedi articolo
“Il Piggybacking fa arrabbiare i grandi brand turistici”), che ha legalizzato l’acquisto di parole chiave associate al brand name della concorrenza nelle campagne Pay-Per-Click.
Adesso il “brand bidding” sembra colpire anche le agenzie turistiche, e questa volta sono quelle piccole e indipendenti a doversi sottomettere alle politiche poco etiche dei grandi nomi.
Qualcuno però ha detto no e suggerisce che, anche senza finire in tribunale, qualcosa si può sempre fare, basta restare uniti.
Il caso Travel House contro TUI:
I retroscena
Martin Morgan, il proprietario dell’agenzia Travel House (UK), dichiara che è il momento per il suo settore di ribellarsi ai maggiori Tour Operator che pagano per sfruttare su Google il marchio di altre agenzie turistiche indipendenti.
Morgan, proprietario di 26 agenzie nel sud ovest del Galles, sostiene che la tattica propria dei maggiori tour operator di usare il nome della Travel House nei link sponsorizzati di Google tende a creare una relazione di sfiducia tra i rivenditori e i fornitori.
La Thomson Holidays e la First Choice Holidays utilizzano regolarmente su Google il nome della Travel House e il brand Thomson Beach ha sfruttato il suo marchio nei propri link sponsorizzati per attrarre più utenti.
I precedenti: la Teletext Holidays vince su Directline
I tribunali sembrano decisamente a favore della parte lesa: tanto per citare un’altra agenzia di viaggio, la Teletext Holidays ha intrapreso un’azione legale in una simile disputa contro il “brand bidding” e ha vinto la sua seconda causa contro la Directline, che adesso non può più acquistare link sponsorizzati utilizzando il nome della Teletext.
Travel House si ribella
Morgan, che nel 2000 vendette la catena Travel House alla TUI Travel, società madre della Thomson, per 40 milioni di sterline, prima di ricomprarne quasi la metà nel 2004, ha dichiarato: “Ci dovrebbe essere collaborazione tra gli operatori e i rivenditori e questo non aiuta. Io non sono anti-Thomson e non voglio sembrare uno lagnoso, ma ho la necessità di proteggere la mia attività e il mio staff di 110 persone”.
Si è chiesto se l’utilizzo del brand Travel House rappresenta un ritorno ai vecchi tempi, quando gli operatori inseguivano i volumi piuttosto che i margini: “Guadagnano qualcosa facendo questo? Sembrano voler aumentare il volume più che i profitti” – ha aggiunto Morgan.
Travel House lancia un appello: l’unione fa la forza
Morgan ha dichiarato di non voler bloccare le vendite della Thomson o della First Choice, dal momento che vendono la maggior parte dei loro soggiorni attraverso i suoi popolari negozi. Ma sosterrà una campagna a livello nazionale perché gli agenti indipendenti reagiscano contro il comportamento delle compagnie di viaggio più grandi, cliccando più volte sui loro link sponsorizzati, che costano all’inserzionista dai 10 pence fino a una sterlina, in modo che questi vengano rimossi da Google, che di solito prende subito seri provvedimenti sui cosiddetti “click fraudolenti”, pur non facendo pagare niente all’inserzionista.
Morgan ha aggiunto: “Non posso permettermi di intraprendere un’azione legale, sono solo un piccolo agente di viaggio e non vedo altro sistema per le agenzie indipendenti di combattere tutto questo”.
Le reazioni: qualcosa si muove
Non sappiamo se effettivamente le altre agenzie indipendenti abbiano raccolto il suggerimento di Morgan, ma senza dubbio la minaccia è servita a suscitare una reazione positiva da parte delle agenzie turistiche indiziate, che hanno riconosciuto almeno in parte le proprie responsabilità e dichiarato che stanno prendendo provvedimenti per cambiare le proprie policies.
Da parte sua, la Thomson ha affermato che non sta sfruttando attivamente alcuno specifico brand che non appartenga alla TUI, e che il caso della Travel House è dipeso della collaborazione con agenzie pubblicitarie affiliate.
La TUI alza le mani e promette: cambio di rotta sul Brand Bidding
Nathan Timmis, capo marketing online della TUI Travel, ha ammesso che la compagnia adesso rivedrà le proprie policies e ha aggiunto: “L’esempio della Travel House è il risultato dell’attività degli affiliati, che in realtà sono autorizzati a fare questo nonostante noi stiamo rivedendo la nostra politica. A dimostrazione delle nostre buone intenzioni, contatteremo i nostri diretti affiliati e chiederemo loro di cambiare atteggiamento”.
La TUI si difende concludendo che negli ultimi tempi è stata molto attiva nell’assicurarsi di non far uso di brand names di competitor e partner: “Siamo stati tra i primi a rimuovere questi stratagemmi dalle campagne della Thomson e nelle nostre campagne abbiamo incluso molti brands come corrispondenze inverse, escludendoli di fatto da tutte le ricerche, incluse quelle ‘broad match’. Ci impegniamo nell’assicurarci di non apparire attivamente contro altri brand name, così come speriamo che gli altri non lo facciano con i nostri”.
E voi lettori, avete provato a fare una ricerca su Google con keyword di ricerca: “Brand Name + Destinazione” (As esempio “Hotel Nerone Rome”)?
Quanti intermediari, o peggio competitors, stanno sfruttando IL VOSTRO BRAND?
Sergio Farinelli
info@bookingblog.com
Articoli dove abbiamo trattato l’argomento che consiglio di leggere:
Marchi in saldo sul Pay Per Click di Google – il “piggybacking” fa arrabbiare i grandi Brand turistici
https://www.bookingblog.com/pay-per-click-google-piggybacking-brand-turistici/
Google legalizza la guerra dei Brand alberghieri
https://www.bookingblog.com/google-legalizza-guerra-brand-alberghieri/
Fonte: Travolution
Commento da dott_stefano_tiribocchi — 13 Febbraio 2009, alle ore 17:47
Se pensiamo che il grosso degli acquisti on line di hotel avviene da parte di RIVISITATORI (cioè utenti che visitano la struttura per la seconda volta) ne consegue che l’attività di ACQUISTO del brand della struttura su campagne di pay per click è molto remunerativa per i portali.
Ci sono hotel la cui indicizzazione è così pessima che cercandosi in google con il loro nome (o nome + città)non compaiono primi, ma magari terzi o quarti nella SERP, quindi al di sotto della “piega” della visibilità (si intende per piega la parte visibile della ricerca, prima di dover scrollare giù la pagina). Basta avere tre intermediari forti e andare a prendere i clienti è sempre più difficile, poichè ci saranno TRE risultati pubblicitari non proprietari al di sopra del proprio sito diretto. Inoltre se vogliamo entrare nel merito della situazione, spesso gli intermediari, o meglio gli intermediari di intermediari (comunemente definiti affiliati) scrivono degli annunci pubblicitari al di fuori di ogni corretta etica professionale “Pay up to 75% Less for
Hotel Pinco Pallo in Rome” che poi se il cliente viene da me e ricollega l’annuncio pubblicitario che ha visto alle mie tariffe appese sulla porta della stanza penserà “mi stanno fregando!ma quale 75% in meno??”.
La situazionè è sporca ma segue le regole della guerriglia, sono anni che cerco di combatterla, ma è un gioco a rincorrersi e a farsi bubù e tottò, insomma è una piaga difficile da eliminare, perchè è colpa di quello e di quell’altro ma adesso lo rimuoviamo, ma oggi è stato un altro ancora, ma mannaggia, si noi non c’entriamo e così via…
Commento da Anto4444 — 15 Febbraio 2009, alle ore 13:35
Caro Tiribocchi,
Tutto è perfettamente legale per quanto riguarda gli hotel:
“14) Marketing Online: Booking.com ha la facoltà di promuovere l’Hotel utilizzando il/i nome/nomi dell’Hotel nella commercializzazione online, anche con e-mail marketing e/o pubblicità pay-per-click (PPC). Booking.com gestisce le campagne di pubblicità online a sua discrezione e se ne assume i costi. L’Hotel verrà inserito in tale commercializzazione online solo previa approvazione da parte dell’Hotel stesso.”
Se l’hotel infatti approva l’articolo 14 del contratto lascia la possibilità di vedere per conto di e in particolare la possibilità di fare campagne di ppc con il nome dell’hotel.
Inutile ricordare che tutti accentano la condizione con la speranza invana di vendere di più.. e con la promessa del venditore che questo aiuterà il suo Ranking sul sito (balla clamorosa) Alla faccia della
Siamo sempre su un tennistico: Portali vs Hotel –> 6-1
Ma la partita non è ancora finita per fortuna.
Commento da dott_stefano_tiribocchi — 16 Febbraio 2009, alle ore 08:55
Gentile Anto4444,
la pubblicità che fanno è sempre legale, alle volte è ingannevole per l’utente finale, nel senso di specchietto per le allodole, false promesse, e il problema è che il brand dell’hotel ne rimane complice/invischiato:
Hotel Pinco – Rome
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Hotel-PincoRome.EuroBookings.com
l’hotel di cui sopra ha attive due promo di advance booking con prenotazione anticipata…
Pallo Hotel Rome
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ma questo famigerato 70% dove sta? e poi sono sicuro io hotel che voglio dichiararmi con ribassi del 70%??
Hotel Pinco, Rome, Rome
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pallo.com/Hotel
come sopra..
Insomma sul fatto di pubblicizzarci niente da ridire, sui contenuti la situazione è più discutibile, e poi siamo sicuri che la landing page sulla quale l’annuncio è puntato sia una landing con solamente il mio hotel, o alle volte attrae l’utente con il nome e poi il cliente sbarca su una pagina con me e molti altri hotel da prenotare?
Molti interrogativi sulla correttezza di questo strumento, ai limiti della legalità e sicuramente oltre l’etica professionale.
Commento da web copywriter — 16 Febbraio 2009, alle ore 15:03
Beh, non credete che dovrebbe essere Google a rendere più severa la propria policy? In questa accezione, allora, non dovrebbe essere lecito nemmeno fare landing page per il posizionamento naturale? Perchè il PPC dovrebbe essere più “invasivo” del SEO?
Ricordo inoltre che il caso di Teletext Holidays che vince su Directline al tribunale di Londra, oltre al PPC la campagna prevedeva una landing page “brandizzata” Teletext Holidays che in verità confondeva molto l’utente..
Francesco
Commento da Anto4444 — 17 Febbraio 2009, alle ore 01:12
Ma certo Tiribocchi!!
bello questo atteggiamento no? e poi tutti parlano di correttezza commerciale con la parity rate.
Sfruttano il tuo nome talvolta con pubblicità ingannevoli e in più ti sfruttano anche per farti entrare nella pagine con millemila altri hotel.
Stanno facendo il massimo per aumentare le propie vendite. Punto fine, se ne infischiano delle esigenze degli hotel.
Sa quanto sono stato al telefono con expedia per combattere gli stessi problemi che mi ha citato? troppo!
Ho perso un sacco di tempo..
saluti