L’impatto della variante Omicron sugli hotel in Europa e nel resto del mondo
13 Gennaio 2022Omicron sta già mostrando i suoi effetti sul settore ricettivo. Tuttavia, non tutti i mercati stanno reagendo allo stesso modo di fronte al diffondersi di questa variante. Vediamo insieme il perché in questo articolo.
Un recente articolo di Skift ci rivela che, mentre gli hotel europei hanno già assistito a un calo di prenotazioni, la Cina è riuscita a mantenere un trend pressoché costante, mentre gli Stati Uniti addirittura hanno sperimentato una vera e propria crescita.
In particolare, secondo i dati STR più recenti, il rendimento degli hotel in Europa è sceso del 40% rispetto a due anni fa. Gli hotel cinesi hanno registrato solo un calo del 3%, mentre quelli statunitensi, grazie agli spostamenti dei cittadini durante le feste di Natale e Capodanno, sono aumentati di oltre il 27%.
Il caso della Cina
La rimonta degli hotel in Cina ha invertito il trend negativo globale in corso a fine 2021.
In un momento in cui la situazione del turismo in Europa stava precipitando, inondata da molteplici disdette, la Cina continuava a mantenere la sua stabilità e a non mostrare segni di cedimento.
Tuttavia, è ancora presto per trarre conclusioni. Giusto lo scorso fine settimana, infatti, è stato scoperto un focolaio di casi di Omicron nella città cinese di Tianjin, a circa 80 miglia a sud di Pechino. Altri casi sono stati poi rilevati a centinaia di chilometri di distanza nella provincia di Henan. La città di Xi’an – sede di 13 milioni di persone – è stata in isolamento da un precedente focolaio dal 23 dicembre, ma i funzionari cinesi non hanno segnalato alcun caso legato all’Omicron.
La “Zero-Covid Policy” cinese prevede una serie di rigide restrizioni in presenza di nuovi contagi. Questa politica così severa potrebbe avere ripercussioni anche sulle prestazioni degli hotel: la scorsa estate, per esempio, ci sono volute sono due settimane di restrizioni per far crollare completamente la ripresa alberghiera del Paese. D’altro canto, a meno di un mese dalle Olimpiadi, la Repubblica Popolare non può di certo permettersi una crisi del comparto turistico.
La ribalta degli Stati Uniti
Gli Stati Uniti continuano a guidare i tre maggiori mercati alberghieri del mondo in termini di ripresa, anche se con qualche temporanea oscillazione. All’inizio dell’anno, è emerso che le entrate per camera disponibile – principale metrica di performance applicata nell’industria – sono in gran parte dovute a hotel che applicano tariffe giornaliere più alte piuttosto che a un maggior numero di stanze vendute.
Sebbene gli hotel statunitensi abbiano raggiunto i risultati migliori rispetto al resto del mondo, avvicinandosi sempre di più ai livelli del 2019, il tasso di occupazione non sembra essere uniforme per tutti i settori. Ad esempio, nell’ultimo rapporto STR l’occupazione degli hotel di lusso risultava al 69% (nel 2019 era all’83%), ma il settore ha comunque ottenuto quasi il 16% in più perché gli albergatori hanno aumentato le loro tariffe.
È possibile che anche l’industria alberghiera statunitense possa sperimentare una flessione nel rendimento, dato che molti dei prossimi grandi eventi in programma sono stati ridimensionati oppure passeranno alla programmazione virtuale. Ciononostante, si prospetta un anno positivo per gli USA, si prevede infatti che, anche qualora nuovi focolai minaccino la ripresa, la situazione si potrà placare nel giro di poche settimane.
Un rapporto della Bank of America di lunedì 10 gennaio ha mostrato che gli analisti si aspettano che il settore alberghiero americano raggiunga a fine anno solo il 2% in meno dei livelli del 2019. Decisamente un risultato notevole.
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