Programmi fedeltà nel mondo hospitality. A che punto siamo? Intervista a Simone Puorto

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In esclusiva per Booking Blog, Simone Puorto – giornalista, advisor e fra i maggiori punti di riferimento nel mondo dell’ospitalità – ci ha raccontato la sua versione sui programmi fedeltà applicati al mondo hospitality.


Qual è, secondo la tua esperienza, lo stato dell’arte dei Programmi Fedeltà nel mondo Hospitality?

“There’s nothing cheap about loyalty”, afferma Ryan Bingham, il personaggio principale di uno dei miei romanzi preferiti (Up In The Air di Walter Kirn), elecando pro e contro dei programmi fedeltà di Hilton e Maplewood. L’obiettivo principale di Bingham è diventare il passeggero più giovane con dieci milioni di miglia American Airlines sulle spalle (spoiler: ci riuscirà, anche se il finale è agrodolce…). Anche se esagerato e caricaturistico, il personaggio non è altro che la rappresentazione di un umanissimo bisogno. Quando accumuliamo miglia e punti, rilasciamo dopamina, una sostanza che svolge un ruolo importante nel comportamento umano. “Se si eliminasse la dopamina”, scrive Francesco Galluzzi, “elimineremmo l’attrattiva di qualunque ricompensa”. Ecco: alla base dei loyalty program c’è, semplicemente, la chimica. E se è difficile ricostruire quale brand abbia introdotto l’idea dei programmi fedeltà per primo (con Holiday Inn e Marriott in lotta per il podio all’inizio degli anni ’80), è interessante notare come, sebbene nel corso degli anni questi programmi si siano evoluti, una costante è sopravvissuta nel corso di quattro decenni: i punti. Marriott, Hilton, Preferred, Hyatt, Kimpton, Leading Hotels of the World, Fairmont… Potrei continuare elencando tutti i vantaggi e i bonus che ogni brand offre ai suoi ospiti più fedeli, ma la bottom line è che, quando si tratta di fedeltà, questo è lo stato dell’arte: i membri guadagnano punti, li riscattano e poi ricominciano. 

Quali sviluppi prevedi, nel prossimo futuro, per questa strategia di marketing?

La semplificazione del processo. Ammettiamolo: stare dietro ai punti è un incubo: scadono, si perdono e si svalutano, i fornitori partner falliscono e i loro programmi svaniscono con loro. Uno studio di J. D. Power ha dimostrato come solo la metà dei membri comprende come funzionano effettivamente i programmi fedeltà. Molto spesso, quella tanto agognata notte gratuita è la proverbiale oasi nel deserto per i nostri ospiti. Secondo un survey di Ideaworks, Wyndham offrirebbe il miglior programma fedeltà al mondo. Perchè? Perchè è semplice: i suoi ospiti ottengono una notte gratuita ogni 15.000 punti, fine della storia, rendendo la ricompensa realistica, relativamente facile da ottenere e, soprattutto, raggiungibile. Il consiglio di massima è: premiate gli ospiti, fatelo spesso e non solo offrendo loro notti gratuite. Secondo alcuni studi, la soddisfazione dei membri sarebbe 31 volte superiore quando i punti possono essere riscattati FUORI dall’hotel. Ecco perché le partnership con i fornitori non alberghieri sono cruciali per fornire migliori programmi di fidelizzazione. Allontanarsi dai modelli tradizionali e offrire un buon mix di gratificazioni istantanee, premi a lungo termine e partership con altri fornitori è fondamentale per creare programmi sostenibili e scalabili. 

Non solo grandi catene: anche gruppi di piccole e medie dimensioni e hotel indipendenti potrebbero lanciare un programma fedeltà. Cosa ne pensi?

Gli ospiti non sono fedeli a un brand semplicemente perché possono raccogliere punti: la loro fedeltà si basa sull’esperienza complessiva e sulla percezione globale del valore. I programmi fedeltà sono semplicemente una “scusa” per avviare un dialogo con l’ospite. Un programma fedeltà funge da collante, in quanto dietro di esso ci sono moduli che creano ricchi profili utenti, in modo che i sistemi di marketing automation possano personalizzare messaggi e offerte ad personam. I brand che riusciranno a sviluppare questi automatismi avranno un enorme vantaggio competitivo e non importa che siano grandi catene o piccole strutture. Ti faccio un esempio: potrei volare da Londra a Roma con Ryanair e poi soggiornare all’Hotel De Russie. Ryanair pensa che io sia il suo tipo di cliente, mentre il De Russie pensa che io sia il suo tipo di cliente. In realtà potrei essere entrambi: un viaggiatore più interessato al cuscino su cui dorme rispetto al sedile su cui siede per due ore. In questo modo, nessuno dei due brand comprenderà le mie reali preferenze, a meno che non inizino a collaborare e condividere informazioni. Un hotel che vuole offrire ai propri clienti la migliore esperienza dovrebbe attingere a quel tipo di dati, i quali possono essere ottenuti solo da marchi complementari che collaborano in uno o più programmi di fidelizzazione. 

A piccolo gruppi tipicamente nazionali o persino strutture indipendenti quali consigli daresti per una gestione ottimale della fidelizzazione?

Affiliarsi a un loyalty marketplace: sono piattaforme create per gestire tutti i touchpoint e accedere alla collaborazione con altri brand, alberghieri e non. Inutile reinventare la ruota. Se hai 30 camere e sei una struttura stagionale non pensare neanche a creare un programma fedeltà proprietario. Affiliati a un marketplace.

Vuoi condividere con i nostri lettori qualche caso di successo?

Meliá Hotels. Nonostante avessero già un solido programma fedeltà, hanno scelto la strada del marketplace, offrendo ai propri ospiti maggiore libertà per utilizzare i loro punti. Oggi, i membri MeliáRewards hanno accesso a oltre 4.500 gift card in 60 valute diverse, con un programma totalmente in whitelabel e personalizzato. I punti saranno sempre importanti, ma gli ospiti cercheranno sempre più di spendere altrove quelli che guadagnano in hotel, soprattutto in un momento storico nel quale si assiste a un certo “nomadismo” nell’acquisto e una maggiore (tecno)consapevolezza: i viaggiatori hanno a disposizione piattaforme come i metamotori per comparare tariffe, offerte e amenity, affievolendo il concetto stesso di lealtà come intendevamo solo 15-20 anni fa.